EDITORIALE
di Giusi Mainardi

Message in a bottle

L'Europa enologica ha appena ricevuto da oltreoceano un messaggio molto esplicito.
Lo scorso 18 dicembre, a Toronto, i governi di Stati Uniti, Canada, Australia, Cile e Nuova Zelanda hanno firmato un accordo di mutua accettazione delle rispettive pratiche enologiche. L'Argentina si pronuncerà entro marzo. Le nazioni che hanno sottoscritto l'accordo si impegnano ad importare liberamente i vini di tutti gli altri Paesi firmatari. Sarà sufficiente che tali vini siano prodotti conformemente alle leggi, ai regolamenti e alle esigenze interne in materia di pratiche enologiche del paese esportatore.
I termini dell'accordo non sono contenuti in documenti-fiume di migliaia di pagine. Sono espressi in 13 brevi articoli dove si riconosce che ogni paese ha il diritto di stabilire le proprie pratiche di vinificazione sulla base delle realtà locali, delle variabili climatiche, delle tradizioni e "tenendo presente che la viticoltura e l'enologia sono delle tecniche in costante evoluzione". E questa, non c'è scampo, è una bella bordata lanciata verso la rigida "vecchia scuola europea", non nominata esplicitamente, ma abbastanza ben evocata.
Da quando i nuovi paesi produttori si sono affacciati al mondo del vino, il loro approccio alle norme di produzione è stato molto più snello e più permissivo rispetto a quello dell'Unione Europea, più tradizionale, più rigorosa e conservatrice.
Se fino ad ora, nella regolamentazione delle pratiche enologiche il peso contrattuale dell'Unione Europea è stato decisivo negli accordi internazionali, la posizione europea si trova oggi costretta a confrontarsi con una controparte che diventa sempre più autonoma, compatta e organizzata.
Forse è meglio non nascondere la testa nella sabbia, raccogliere il messaggio e dare rapidamente delle precise risposte.
Sta a noi, ora, impedire che a causa di atteggiamenti di inerzia, di falso rigore, o di presunzione, le terre dove sono nate e cresciute le grandi civiltà del vino, non vengano guardate come vecchi ingombranti galeoni buoni solo per il disarmo.