L'OPINIONE DEL PRESIDENTE
di Moreno Soster

Il vino nei grappoli

La nostra agricoltura occidentale sta cambiando pelle.
È un percorso quasi obbligato innescato da motivi economici (tutti abbiamo presente gli stoccaggi e le eccedenze che condizionano il mercato, la stagnazione dei consumi), politici (il controllo della spesa pubblica agricola, la stipula di accordi commerciali internazionali), sociali (una popolazione agricola in calo costante, una percezione diffusa di sempre maggiore distanza del consumatore dalle reali problematiche agricole, spesso distorte da un giornalismo sensazionalistico). In questi anni abbiamo assistito a tutto questo e l'agricoltura, un po' per difesa e un po' per orgoglio, sta cambiando.
Limitandoci al settore vitivinicolo possiamo osservare dei mutamenti senz'altro positivi. Certo non tutto è risolto e le politiche settoriali sono funzionali al controllo della situazione pur presentando ampi spazi di miglioramento, tuttavia negli ultimi 10-15 anni si è sentito il bisogno ­ prima di tutto culturale, io credo ­ di sviluppare una nuova sensibilità: qualcuno ha iniziato a dire che il vino non si fa in cantina ma nelle vigne, che il vino lo si produce per farlo bere alle persone e non agli strumenti di laboratorio, che il vino è figlio di una certa terra e di quel particolare clima ma soprattutto delle mani e della testa del viticoltore che con l'esperienza fa, riflette, sbaglia, decide e ogni anno produce un grappolo sempre diverso, e che lui spera migliore, in cui è già contenuto il vino che l'enologo dovrà avere la sensibilità di estrarre al meglio.
Il mondo scientifico e della cultura del vino ha cominciato a interpretare il cambiamento e sono nati o si sono affermati nuovi fronti della conoscenza: le zonazioni, l'analisi sensoriale, le produzioni integrate e biologiche. Tutte azioni che cercano di alimentare scientificamente e tecnicamente questo bisogno di ritornare a legare il settore economico vitivinicolo alla sua matrice naturale. E questo non nel senso del "ritorno al passato" ma sviluppando una visione realmente moderna della scienza agraria che si svincoli da un approccio riduzionistico o artificialmente industriale, per reinterpretare il suo rapporto con la natura.
Emerge la consapevolezza che solamente attraverso lo studio della filiera nel suo complesso, e dell'attività viticola inserita nel suo contesto naturale, sia possibile raggiungere nuovi livelli qualitativi del vino che ne consentano una migliore collocazione sul mercato e la realizzazione del reddito aziendale. Naturalmente questo è possibile se il consumatore è consapevole che un prodotto migliore va pagato di più ed è disponibile a farlo. Nel vino mi pare si stia affermando questo modo di pensare.
Sono probabilmente maturi i tempi per avviare un percorso di conoscenza dell'agricoltura in chiave olistica, cioè che tenga conto di tutti gli elementi in gioco e delle loro interazioni. È questo peraltro il senso del quesito OICCE 2002 che vuole stimolare il dibattito sulla viticoltura e sull'enologia ecocompatibili che non possono essere perseguite se non considerandone tutte le diverse componenti (terra, clima, pianta, attività umana).
Il nuovo obbiettivo della scienza agraria non è più quello illuministico di dominio della natura ma piuttosto la comprensione e l'interpretazione economica di quanto la natura è in grado di dare, mantenendo costanti nel tempo le proprie peculiarità (pensiamo alla conservazione della fertilità dei suoli, delle risorse idriche, della biodiversità). Su questa base di conoscenza potranno affinarsi le tecniche che ci daranno i prodotti del futuro.
Si affaccia imperioso il concetto, potenzialmente ambiguo, della naturalità dei vini che potremmo tentare di identificare in un processo produttivo che riesca ad armonizzare le peculiarità naturali del vigneto (la tessitura del terreno, la sommatoria termica disponibile, le caratteristiche del vitigno) massimizzandone gli effetti positivi sull'uva (zuccheri, polifenoli, precursori di aromi) che dovranno essere "conservati" e non forzati dalla pratica enologica. Il vino nei grappoli, appunto.
Una sfida importante alle nostre intelligenze, e al nostro modo di vivere, che ci piacerebbe avere contribuito a cogliere per dare nuovi stimoli alla viticoltura e all'enologia delle nostre terre.