L'ANGOLO DELLA VIGNA
di Anna Schneider

Una collezione di varietà veramente singolare:
le uve artificiali di Garnier Valletti

Se raduniamo in un unico vassoio un gran numero di frutti diversi di una stessa specie (siano essi mele, pere, uve o altro), mettendone uno per varietà, questo patchwork vivente di forme e colori, costituisce un buon esempio della diversità genetica di quella coltura. In altre parole forma una collezione di frutti, dotata non solo di un valore alimentare e biologico, ma anche ornamentale e scientifico. Questi ultimi due aspetti non vengono meno se si prolunga la vita dei frutti reali sostituendoli con modelli artificiali, realizzati nel modo più simile possibile agli originali.
La creazione di modelli di fiori e frutti nativi o esotici, in voga da un paio di secoli, si vivacizzò particolarmente tra il 1600 e il 1800.
Essa era non soltanto espressione della rinnovata curiosità scientifica e speculativa per il mondo vegetale, che spingeva a catalogare e descrivere minuziosamente ogni sua forma, ma soddisfaceva anche un gusto estetico rivolto al naturale: composizioni di fiori e di frutti artificiali, in un primo tempo di cera e in seguito di gesso o d’altri materiali, gareggiavano nell’ornare le mense dei banchetti e dei ricevimenti delle corti europee.
Eccellente interprete di questo genere fu Francesco Garnier Valletti, nato presso Torino nel 1808. Dopo un’esperienza durata alcuni anni nel modellare a cera fiori e frutti, che già gli valse importanti riconoscimenti, egli ideò un metodo innovativo per creare i suoi modelli, in base al quale un impasto costituito da resine vegetali, alabastro e altri materiali noti a lui solo veniva colato a caldo in uno stampo. Una volta raffreddato, l’impasto era assai meno pesante e fragile del gesso, ma molto più consistente della cera e come questa poteva essere lisciato e lavorato.
Dove questo valentissimo “modellatore” era inimitabile, però, era la finitura del pezzo, la cui superficie, dipinta con vernici lucide od opache, veniva lavorata a seconda del frutto per dare la perfetta impressione di lenticelle e rugginosità (mele e pere), della tomentosità (pesche), degli acheni (fragole), della pruina (susine ed uve) e di colori e sfumature proprie di ogni cultivar.
La sua opera andava ben al di là della pur perfetta esecuzione dell’artigiano, perché la sua capacità d’imitatore degli specifici caratteri delle diverse varietà si basava sulla paziente osservazione, sulla minuziosa descrizione, e sulla raccolta d’informazioni (provenienza e sinonimi, aspetti fenologici ed agronomici) d’ogni singola cultivar.
Ciò è emerso in modo chiaro dal ritrovamento presso l’Accademia di Agricoltura di Torino di preziose e fitte annotazioni, a corredo dei numerosissimi ed eccellenti disegni dei frutti che questo singolare studioso modellava e, nel caso della vite, perfino delle foglie.
Si stima dovessero essere qualche migliaio i pezzi prodotti dal Garnier nel corso della sua instancabile attività. Istituzioni diverse, come il Dipartimento di Produzione Vegetale dell’Università di Milano, l’Accademia di Agricoltura di Torino, l’Orto Botanico e il Comune di Torino, condividono il privilegio di conservare quanto è rimasto di questi splendidi frutti, che non smettono di meravigliare per la loro perfezione.
Nei modelli d’uva, quelli che ben più di altri hanno purtroppo risentito del passare del tempo, gli acini presentano spesso delle crepe e, quando rotti, all’interno rivelano addirittura la presenza dei vinaccioli.
Tra le uve vi sono varietà coltivate all’epoca nei giardini e nelle collezioni private europee (tra i clienti di Garnier figuravano vivai che si servivano dei modelli a fini commerciali), come ad esempio la Luglienga o le numerose forme di Chasselas, ma anche vitigni da vino propri del locale germoplasma, oggi assai rari e prossimi alla scomparsa, come in Piemonte il Balaran, il Salvavillano, il Provinè, oltre a cultivar tra le più note e diffuse, come il Moscato bianco, il Cabernet sauvignon, il Carignano, e così via.
Una collezione ampelografica davvero singolare, dunque, dall’inestimabile valore artistico, storico e scientifico.