UNA INTERVISTA A...

Daniel Juteau e Guido Parodi
Laffort Oenologie: l’importanza della ricerca
per lo sviluppo dei prodotti enologici

La Società Laffort Oenologie è stata creata a Bordeaux nel 1895 da Jean Laffort.
Jean-François Laffort, presidente e direttore generale, con il figlio René hanno sviluppato ampiamente l’opera del fondatore. La Laffort con la sua rete di distribuzione specializzata è presente oggi in più di cinquanta Paesi. Da parecchi anni la Società si è impegnata nella ricerca e sviluppo dei prodotti enologici e questo l’ha condotta a finanziare numerosi lavori di ricerca effettuati in stretta collaborazione con la Facoltà di Enologia di Bordeaux. Sempre nell’abito dell’impegno nella ricerca, nel 1991 è stata creata la SARCO (Societé d’Application de Recherche et de Conseil), un polo di innovazione e di sviluppo di ricerca applicata che affronta temi di grande interesse per la tecnica enologica. Tutti i prodotti proposti da Laffort Oenologie sono garantiti esenti da OGM.
In marzo 1999 è stata la prima ditta di prodotti enologici ad essere certificatra ISO 9002. Nel marzo 2002 è stata una delle prime imprese francesi ad essere certificata secondo la versione 2000 delle Norme ISO 9001. La Laffort è stata tra i primi soci dell’OICCE.
Daniel Juteau, Guido Parodi e Enzo Gallazzi (Responsabile Vendite) sono i riferimenti di Laffort Oenologie per l’Italia. Li abbiamo incontrati per ascoltare da loro quali sono le linee di ricerca e la posizione della Laffort in rapporto al progresso dell’enologia.

Qual è la posizione di Laffort in merito alla ricerca?
La ricerca rappresenta per la Laffort la principale risorsa, la maggior parte dei nostri prodotti sono la risposta della ricerca ad una problematica o ad una esigenza colta in cantina e portata all’attenzione del ricercatore.
Possiamo affermare in tutta sincerità che la Laffort ha da sempre considerato la ricerca come essenziale al suo sviluppo ed allo sviluppo dell’enologia.
Grazie alla sua posizione privilegiata, ha intrecciato stretti rapporti con l’Università di Bordeaux già dai tempi dei suoi storici professori, Jean Ribéreau-Gayon ed Emile Peynaud. Col passare degli anni questi rapporti si sono consolidati fino ai giorni nostri in cui alcuni lavori vengono condotti a quattro mani.
La struttura di Laffort delegata alla ricerca si chiama SARCO e vi operano oltre 15 persone tra ricercatori ed enologi impegnati su diverse attività.
Inoltre, in ogni paese in cui la Laffort opera ed è più attiva la sua presenza, come in Italia, si cerca di allacciare proficui rapporti con Università e Centri di Ricerca, in modo da avere un riscontro ed un confronto globale.

Quali sono i principali temi di ricerca affrontati?
I temi di ricerca affrontati sono molteplici, dato che ad ognuno dei ricercatori è affidato un argomento o un campo d’azione, su cui si specializzano e approfondiscono continuamente le ricerche, sia curando gli aspetti di base che quelli più applicativi.
Abbiamo ricerche attive sull’aspetto della fermentazione alcolica. Si parte dallo studio della fisiologia del lievito e della sua nutrizione nelle più svariate condizioni, allo scopo di avere sempre maggiori informazioni sulle caratteristiche fermentative dei vari ceppi, sulla corretta gestione delle fermentazioni e dell’alimentazione dei lieviti, e se del caso, mettere a punto nuovi attivatori di fermentazione o migliorare quelli già esistenti.
Si lavora sulla selezione di nuovi ceppi, sia con metodi di selezione tradizionale, sia con la nuova tecnica dell’incrocio.
Sono ormai molti anni che la Laffort si cimenta in questa direzione, ed ora stiamo presentando al mercato i primi ceppi frutto di questo paziente ed interessante lavoro.
Sull’aspetto fermentazione malolattica si sta lavorando sia sullo studio della fisiologia e nutrizione batterica, allo scopo di mettere a punto attivatori specifici e rendere sempre più sicura anche questa fermentazione, sia sulla selezione di nuovi ceppi.
Un argomento sul quale si lavora da tempo è lo studio dei meccanismi molecolari che intervengono durante l’affinamento dei vini a contatto con le fecce di fermentazione.
È da questi studi che partono tutte le considerazioni sulle proprietà delle mannoproteine.
In questo ambito l’aspetto sul quale la Laffort ha focalizzato maggiormente la sua attenzione è quello riguardante la stabilizzazione sia tartarica, con la messa a punto di un prodotto, MANNOSTAB®, in fase di autorizzazione, che la stabilizzazione proteica su cui si sta ancora lavorando.
Recenti studi hanno invece riguardato la messa in evidenza delle molecole che entrano in gioco in questo periodo ed influiscono sull’espressione sensoriale dei vini.
Le proprietà enologiche delle diverse famiglie di tannini, dunque i loro aspetti applicativi sono un altro tema di grande interesse, attorno al quale si lavora da tempo, ponendo soprattutto particolare attenzione al loro contributo alla stabilità della componente polifenolica e del colore, nonchè alla protezione dei mosti e dei vini dalle ossidazioni. Questa branca della ricerca si interseca poi con quella che prende in considerazione il collaggio dei vini nell’ottica di migliorarne la stabilità e la percezione di morbidezza.
Non si deve ancora dimenticare il continuo studio, volto al miglioramento delle attività enzimatiche. In questi ultimi tempi si pone particolare attenzione soprattutto alle attività coinvolte nei processi di macerazione/estrazione, sia in rosso che in vinificazione in bianco, che sono la chiave di volta per trasporre nel miglior modo possibile in bottiglia la qualità prodotta in vigneto.
E altro ancora ....

Come si è posta la Laffort nei confronti della certificazione?
La certificazione è un importante strumento che da un lato serve a fornire sicurezza all’utente, e dall’altro permette all’azienda di gestire in modo razionale i processi di produzione evitando errori e disfunzioni, e nella peggior ipotesi consente di meglio comprenderli e reagire con interventi correttivi.
La Laffort è dunque certificata ISO 9002 a partire dal 1999.

Quali sono stati secondo voi i principali progressi nel campo dei prodotti per l’enologia?
Il principale progresso nei prodotti e coadiuvanti enologici può essere colto nel passaggio dallo smodato impiego di prodotti chimici atti a correggere la composizione dei mosti e dei vini aggiugendo e/o sottraendo qualche cosa, all’equilibrato e cosciente uso di prodotti biotecnologici atti piuttosto a favorire il passaggio della qualità racchiusa nelle uve al prodotto vino, piuttosto preservando e prevenendo. Questo progresso da alcuni descritto come passaggio dall’enologia sottrattiva all’enologia conservativa è stato reso possibile dal miglioramento del vigneto e dall’introduzione in cantina delle biotecnologie, volte appunto ad agevolare la trasformazione biotecnologica dell’uva in vino, ovviamente con il supporto della tecnologia che parallelamente è stata introdotta in cantina.

Quali sono le richieste più pressanti del mercato sulla qualità dei coadiuvanti?
Origine naturale e sicurezza di utilizzo. Le biotecnologie sono ormai largamente apprezzate ed utilizzate in cantina ma non devono essere frutto di manipolazione genetica, e devono dare sicurezza all’utilizzatore. Ad esempio nel caso degli enzimi devono avere buone prestazioni, dare risultati evidenti e non essere causa di deviazioni sensoriali. Dunque di capitale importanza è poterne garantire l’origine non da OGM e la purificazione da attività secondarie indesiderate.

Come è evoluta dal vostro punto di vista, la tecnica enologica italiana e come si può immaginare il suo futuro?
La tecnica enologica italiana è progredita nel senso che dicevamo prima, cercando di valorizzare sempre di più la materia prima, frutto di un territorio, dando vini di alto pregio, o comunque molto migliori che in passato, ma che per essere bevuti richiedono spesso una certa passione e cultura enologica da parte del consumatore, oltre ad un discreto portafoglio, il che purtroppo sembra renderli destinati ad un pubblico di pochi eletti.
Il futuro, a parte la parentesi non molto rosea che stiamo vivendo, dovrà riportare il vino al ruolo di bevanda popolare, piacevole e gioiosa, facilmente accostabile alla rinnovata tipologia di alimentazione, senza rinnegare o nascondere la sua origine e la sua territorialità, con la consapevolezza che esisteranno sempre nicchie e spazi per i grandi vini o per i vini più impegnativi.
Le tecnologie e nel nostro caso le biotecnologie giocheranno ancora una volta un importante ruolo dimostrando la loro forza nella flessibilità indispensabile per adattare i processi alla produzione di vini così come il consumatore richiede.

DIETRO LE QUINTE...

Cosa vorreste cancellare dalla faccia dell’enologia?
L’idea che l’enologia può fare dei miracoli, che un prodotto enologico può fare dei miracoli. (Daniel Juteau)
Le piccole e grandi frodi, che di tanto in tanto ci rendono protagonisti della cronaca nazionale e internazionale, frutto dell’operato incauto di chi certo non ama l’enologia. (Guido Parodi)

Cosa invece vi sembra assolutamente essenziale conservare?
Anche se sembra un’ovvietà, la tipicità dei vitigni e dei terroir, consapevoli che dietro un terroir ci sono territori geografici e uomini con loro esperienze e capacità. Poco tempo fa ho avuto occasione di assaggiare diversi vini Viognier provenienti da diversi paesi produttori. Sono sicuro che la tecnologia di produzione adottata non poteva spiegare le notevoli differenze tra le caratteristiche di questi vini. Infine dobbiamo conservare una tecnologia al servizio del vino. (Daniel Juteau)
La poesia, lo spirito di corpo e la solidarietà che accomuna chi, in ogni parte del mondo, si dedica alla vigna ed alla cantina con fatica ed amore. (Guido Parodi)

A quale vino associate un ricordo particolarmente bello?
Il primo vino che ho vinificato, era un Bordeaux rosso, non era certo una “icona” come si dice oggi, ma l’avevo fatto io. (Daniel Juteau)
Io non sono il tipo che focalizza e fissa ricordi particolari; certamente intorno a calici di vino o campioni di vini ho trascorso molti momenti intensi e piacevoli, ma se mi chiedi di fare uno sforzo posso dirti che alcuni mesi fa ho provato un’emozione particolare a stappare una bottiglia di Barolo del ‘67, sai eravamo coscritti! Lui ora non c’è più! (Guido Parodi)