CORSI, CONVEGNI E INCONTRI


Ad OICCE Times il Premio Roero
Testate Nazionali e Internazionali

Ad OICCE Times è stato assegnato il prestigioso Premio Roero per le testate nazionali e internazionali - Edizione 2005. Il Premio Roero è stato istituito nel 1988 dal Comitato Manifestazioni S. Anna, che ha sede nel comune di Monteu Roero, nel cuore della celebre area vitivinicola piemontese.
In questa diciassettesima edizione la commissione ha esaminato numerosi articoli e servizi televisivi pubblicati tra luglio 2004 e giugno 2005.
La nostra rivista è stata premiata per l'articolo “Roero, terra di una nuova Docg del Piemonte” uscito sul numero 22 (Primavera 2005) nella rubrica Il Mappavino - In viaggio fra terre e vini di pregio.
Questo premio ci onora e ci incita a continuare a sostenere il grande e proficuo lavoro che sta svolgendo il Roero vitivinicolo.

Per i 50 anni dell’Enotecnica:
“Il futuro dell’enologia di qualità”

Lo scorso 1 luglio, a Nizza Monferrato (AT), più di 800 persone operanti nel settore enologico hanno festeggiato il cinquantenario dell’azienda “L’Enotecnica”, nota per la fornitura di servizi e prodotti per l’enologia, concessionaria di importanti marchi nazionali e internazionali che producono botti, tappi in sughero, macchinari enologici e tutto quanto occorre alla produzione del vino.
La struttura comprende diecimila metri quadrati di magazzini, un punto vendita di 600 metri quadrati per prodotti ed accessori, duemila metri quadrati per macchine, serbatoi e impianti. Uffici, laboratorio di analisi, officina meccanica occupano uno staff di trenta persone, di cui 14 enologi.
Come hanno ricordato i soci fondatori, Giuseppe Ferrato e Germano Grasso, il piccolo negozio, aperto a Nizza nel 1954, è cresciuto insieme alla realtà enologica della Valle Belbo e di tutta l’area del sud Piemonte. La direzione tecnica e commerciale è oggi affidata ai figli dei fondatori, Maurizio Grasso e Silvia Ferrato.
L’importanza rivestita da “L’Enotecnica” per la realtà economica e sociale di questa zona è stata messa in rilievo da Roberto Marmo (Presidente della Provincia di Asti), Luigi Perfumo (Assessore Provinciale all’Ambiente), Maurizio Carcione (Sindaco di Nizza Monferrato).
Giulio Bava, presidente della Sezione Piemonte Assoenologi, ha ricordato gli ottimi rapporti intercorsi fra questa categoria e L’Enotecnica durante cinquanta sempre diverse vendemmie, con tante problematiche, suggerimenti e mille casi da risolvere insieme.
Per celebrare i suoi cinquant’anni, “dimostrati tutti con orgoglio” come diceva lo slogan della giornata, L’Enotecnica ha organizzato un incontro dedicato a “Il futuro dell’enologia di qualità”.
I lavori, coordinati da Piertsefano Berta (Direttore dell’OICCE), hanno trattato aspetti tecnici e di normativa.
In apertura Virginie Moine-Ledoux, ricercatrice alla Facoltà di Enologia dell’Università di Bordeaux, ha parlato dell’evoluzione delle biotecnologie applicate all’enologia: la selezione di ceppi di lieviti e la produzione di LSA, la messa a punto del primo preparato enzimatico, all’inizio degli anni ’70 la commercializzazione dell’ultrazym 100G per migliorare la pressatura e la chiarifica, negli anni ’80 gli enzimi da estrazione per migliorare il colore, facilitare la filtrazione e la liberazione degli aromi. La ricercatrice ha continuato il suo discorso esaminando la comparsa di nuovi strumenti biotecnologici per la selezione dei ceppi di lieviti, per l’ottimizzazione dei preparati enzimatici e per la messa a punto di nuovi prodotti di stabilizzazione e di collaggio. In particolare dopo le prime sperimentazioni in Francia nel 1998, nel 2004 le mannoproteine hanno ricevuto responso favorevole dell’OIV per l’utilizzazione sui vini rossi e quest’anno è stato dato responso favorevole anche da parte del comitato di gestione dei vini della CE per la registrazione delle mannoproteine nell’elenco delle pratiche enologiche autorizzate.
È poi intervenuto Angelo Di Giacomo, Responsabile dell’Ufficio Repressione Frodi di Asti, il quale ha messo in evidenza le caratteristiche di alcuni aspetti normativi che regolano il settore enologico.
Si rivela necessaria, ha detto, una revisione dell’impianto normativo per snellirlo e semplificarlo, anche confrontando le nostre norme con quelle di altri Paesi produttori di vino che hanno un apparato di leggi molto più leggero. Da parte governativa si legge l’intenzione di stendere un nuovo testo che agevoli sia gli operatori della produzione, sia coloro che sono chiamati a fare i controlli. Questo, insieme ad una politica di alta qualità e di valorizzazione delle tipicità dei prodotti, servirà anche ad ostacolare la crescente concorrenza dei Paesi terzi.
A questo punto si è inserito l’intervento dell’on. Giorgio Galvagno, promotore di “Enolandia”, un progetto di legge sulla valorizzazione del vino italiano nel mondo. “Se si può imitare un prodotto - ha detto l’on. Galvagno - non si può copiare lo spirito della terra che l’ha creato”. Il progetto, ora allo stato di proposta di legge, dovrà concretizzarsi in interventi che promuovano e sostengano le attività economiche, sociali, ambientali e culturali dei territori del vino, per renderli sempre più efficienti e competitivi.
La terza parte del programma ha visto la consegna dei Premi OICCE per giovani ricercatori. Ogni anno infatti OICCE assegna due premi per la realizzazione di lavori di ricerca che contribuiscano alla crescita del settore vinicolo italiano. I Premi OICCE, costituiti da 4000 euro, vengono assegnati a laureandi, giovani ricercatori o tecnici che presentino progetti di ricerca dedicati alla soluzione di un problema di utilità pratica in cantina.
I progetti devono avere carattere innovativo e devono descrivere obiettivi, piano sperimentale e durata.
A progetto ultimato sono stati consegnati i premi alla dott.ssa Daniela Benelli dell’Università di Bologna, per il lavoro “Analisi dei polisaccaridi nei vini” ed alla dott.ssa Milena Lambri dell’Università Cattolica S.C. di Piacenza per il lavoro “Tecniche di vinificazione e formazione di antociani copigmentati nel vino rosso”.

Tornata dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino nell’Agro Pontino
L’Agro Pontino evoca immediatamente l’area laziale di terreni di bonifica più che le tradizioni viticole, benché la vicinanza dall’area archeologica dell’antica Satricum, con i suoi vasi vinari, sia testimone di come la civiltà del vino abbia interessato da tempi antichissimi i popoli avvicendatisi sul fiume Astura che sfocia nel Tirreno fra Anzio ed il Circeo.
Consapevole dell’importanza di quest’eredità culturale, la famiglia Santarelli, proprietaria del Casale del Giglio (Le Ferriere - Latina) che lo scorso giugno ha ospitato la Tornata dell’Accademia, ha favorito il lavoro degli archeologi olandesi che se ne interessano dagli anni ’70.
L’Agro Pontino è stato presentato dal punto di vista ambientale da una relazione di Luigi Ramazzotti e Leonardo Sallustri, che hanno illustrato le caratteristiche pedologiche e climatiche di quest’area nel contesto laziale.
Angelo Costacurta ha riassunto il lavoro di ricerca viticola condotto a partire dal 1985 nell’azienda ospitante, con l’impianto di 57 vitigni per individuare quelli in grado di meglio interagire con l’ambiente per dare vini originali. Questo progetto è stato tenuto a battesimo da Attilio Scienza, Francesco Spagnolli e Antonio Piracci. Durante i seguenti vent’anni altri agronomi ed enologi hanno preso a collaborare; alcuni vitigni sono stati scartati a causa del comportamento agronomico insoddisfacente, altri sono stati aggiunti confrontandoli anche su portinnesti diversi. Per i più interessanti sono stati condotti rilievi sempre più puntuali, grazie ad un nuovo progetto regionale iniziato nel 2002.
Poiché sin dalla fase iniziale per ogni vitigno erano stati messi a dimora 200-300 ceppi, è stato possibile condurre delle microvinificazioni, seguite negli ultimi 17 anni da Paolo Tiefenthaler.
Per quanto riguarda l’economia e la comunicazione, Davide Gaeta si è soffermato sulle strategie ed innovazioni nelle politiche di comunicazione vitivinicola, sottolineando in primo luogo la scarsa massa critica della produzione dell’Unione Europea in vista della grande distribuzione, la mancanza di un programma strategico analogo a quello messo a punto dall’Australia, coinvolgendo produttori, ricercatori ed autorità. La sua proposta di usare la percezione del valore di marca e di territorio come alternativa alla competitività nei costi, di rivedere e differenziare l’offerta in base alla segmentazione dei consumi ed investendo di più nella comunicazione, puntando ad esempio sulla universale notorietà di Roma. Il suggerimento è stato ripreso da Paolo Panfili, Assessore alle Attività produttive della Provincia di Latina, che ha confermato l’interesse dell’amministrazione per la nuova viti-vinicoltura di quest’area.
Il miglioramento dell’immagine dei vini della regione è d’altra parte uno dei motivi che hanno indotto a creare l’associazione “Le vigne del Lazio”, presentata da Antonio Santarelli. Questa riunisce 25 aziende produttrici della provincia di Latina e sta curando una guida turistica ed enogastronomica. L’associazione intende procedere molto severamente con degustazioni di controllo sui vini dei soci, promuovere la ricerca viti-vinicola, farsi interlocutrice verso gli enti pubblici per stabilire linee d’intervento per la promozione ed aumentare la presenza dei vini locali nella ristorazione romana e regionale.

A Barbaresco, tra terra & cielo
L’Enoteca Regionale del Barbaresco ha ospitato un evento culturale che ha visto affiancate la pittura e la fotografia. La mostra dal titolo “Tra terra & cielo” presentava alcune opere della pittrice Antonella Tavella, di Sommariva Bosco (CN) e una serie di fotografie realizzate da Giancarlo Montaldo, sindaco di Barbaresco e noto al mondo del vino come giornalista, comunicatore e operatore di marketing.
Dai dipinti della Tavella affiora una ricerca di interiorità e del particolare. Non c’è la figura umana, ma vi sono segni che si collegano alla presenza dell’uomo, come le orme di passi nella neve verso un vigneto.
Dal suo ampio archivio fotografico, iniziato per ragioni professionali e continuato per passione, Montaldo ha scelto di presentare alcune immagini dedicate ai paesaggi di Langa ed ai suoi frutti. Emergono dalle nebbie rosate i colli di Cappelletto, vicino a Treiso, con lo sfondo del Monviso, il tramonto azzurrato dietro Diano d’Alba, i colori autunnali delle foglie, le luci di novembre in collina. Accanto a questi paesaggi spiccano le tinte splendenti dei cachi maturi e, tra foglie verde brillante, sembra fare occhietto una simpaticissima “Ciliegia solitaria”, sicuramente felice e piena di allegria.

Convegno piemontese sul Moscato secco
“Moscato per tutti i gusti: il moscato secco”. Questo è il tema intorno al quale, venerdì 10 giugno, si è articolato un convegno presso la Tenuta Cannona (Carpeneto - AL), sede del Centro Sperimentale Vitivinicolo della Regione Piemonte. La Cannona è una antica proprietà fra i colli dell’Alto Monferrato, con una superficie di 54 ettari di cui 18 a vigneto sperimentale.
Tecnici e produttori intervenuti sono stati accolti dal benvenuto di Rosanna Stirone, amministratore unico CSV, dal saluto di Paolo Ricagno, presidente del Consorzio dell’Asti, e di Davide Sandalo, Assessore all’Agricoltura della Provincia di Alessandria.
I lavori sono stati coordinati da Ezio Pelissetti, direttore del Consorzio dell’Asti e direttore della Tenuta Cannona.
L’incontro era strutturato in una parte storica introduttiva cui è seguita la presentazione di alcune sperimentazioni relative alla vinificazione del Moscato in versione “vino secco”. Sicuramente un progetto un po’ provocatorio e controcorrente, considerato che in Piemonte il Moscato è simbolo di vini dolci, espressi dalla DOCG Asti (70 milioni di bottiglie) e Moscato d’Asti (7 milioni di bottiglie).
Hanno partecipato come relatori Giusi Mainardi (studiosa di storia del vino - direttore di OICCE Times), Guido Bezzo (Consorzio per la Tutela dell’Asti), Marco Rabino (CSV Tenuta Cannona), Piero Cane (direttore tecnico F.lli Gancia Spa).
Il Moscato bianco è certamente uno dei vitigni più importanti nella storia viticola ed enologica del Piemonte. Seguire la sua storia è affascinante perché vuol dire attraversare i secoli, seguendo storie di vitigni, di vini, di persone, di mode, di mercati, di rapporti sociali, di evoluzioni tecnologiche e mille altre cose
Il Piemonte è la regione italiana dove è più estesa la coltivazione del Moscato bianco, con 10.000 ettari, posti nella pregiata zona delle colline di Asti, Alessandria, Cuneo. È un’area che interessa ben 52 comuni, il che la dice lunga sui risvolti sociali ed economici della coltivazione del Moscato in questo territorio.
Si tratta di una lunga tradizione che parte dal Piemonte medievale, e che vede l’ulteriore affermazione del vitigno fra 1500 e il 1700, seguita dai successi del 1800 e dalle importanti vicende di cui il Moscato bianco è stato protagonista nel corso del 1900, fino ad oggi, quando il Moscato, seppure fra ripensamenti e difficili confronti con alcuni mercati, continua ad essere un vitigno di riferimento per la viticoltura e l’enologia del Piemonte.
L’intervento storico è stato seguito dalla relazione di Guido Bezzo, portavoce di un gruppo di lavoro del Consorzio per la Tutela dell’Asti, che ha descritto le caratteristiche chimiche ed organolettiche del Moscato ottenuto con prove sperimentali di vinificazione a secco. In una prima prova il mosto di Moscato è stato sottoposto a fermentazione con inoculo di lievito selezionato (Lalvin 71B Lallemand) per verificare l’azione dei lieviti sui terpeni; in una seconda prova si è aggiunto un enzima (AR2000) alla fermentazione con inoculo, per verificarne l’azione sui terpeni. Con inoculo di lievito si è registrato un sensibile aumento dei terpeni liberi totali; l’aumento di geraniolo, citronellolo e nerolo è stato però molto più elevato in presenza dell’enzima.
Marco Rabino, illustrando le sperimentazioni condotte sul vigneto di Moscato bianco della Tenuta Cannona, ha parlato dei confronti fra le attitudini produttive di diversi cloni (CN4, CVT CN 16, CVT AT 57) ripetuti su tre portinnesti (K5BB, 1103 P, 41 B), con tre forme di allevamento (Guyot, cordone speronato alto e cordone speronato basso). Ha sottolineato come il Moscato secco sia da “progettare” in vigna, con specifiche attenzioni alla forma di allevamento, alla tecnica di coltivazione e all’individuazione dell’epoca di raccolta mirata all’ottenimento di un vino secco di struttura media. Il Moscato secco inoltre può portare risultati interessanti se ottenuto anche con il contributo di altri vitigni come Sauvignon blanc e Viognier.
Di una sperimentazione condotta su vini della vendemmia 2004, vinificati presso la F.lli Gancia di Canelli, ha parlato Piero Cane. Le prove hanno riguardato una partita di 200.000 litri. I mosti per la preparazione del vino sono stati scelti dopo le analisi degli aromi. La degustazione di vari blend a base Moscato secco è stata effettuata da un panel di esperti dell’azienda. Dalle considerazioni dei degustatori sugli aspetti visivi, olfattivi e gustativi sono emersi alcuni dati precisi: il Moscato secco in purezza non ha riscontrato un significativo apprezzamento sia in ambito olfattivo, sia gustativo; in genere viene preferito assemblato con un altro vino; si sposa meglio con una percentuale alta nei blend. Allo stato attuale, ha concluso Piero Cane, l’utilizzo del Moscato secco non appare soddisfacente.
Le degustazioni di Moscato secco in purezza e in assemblaggio che sono seguite al convegno sono state curate da Ruggero Tragni (Tenuta Cannona) ed hanno mostrato che in effetti pare più convincente l’ipotesi dei blend ad alta percentuale di Moscato secco. Tuttavia, volendo procedere alla realizzazione di questo prodotto, per metterlo effettivamente a punto sono ancora molti gli studi e le prove da effettuare in vigna e in cantina.

Presente e futuro per il vino italiano:
i 25 anni della Albrigi

L’Albrigi, specializzata nella produzione di serbatoi in acciaio inox per il settore alimentare ed enologico, celebra quest’anno i venticinque anni di attività.
L’azienda, sorta nel Veronese, a Stallavena di Grezzana, si trova nel cuore della Valpantena, terra notoriamente vocata per il vino. La vicinanza di questa realtà ha indotto il titolare Stefano Albrigi a specializzarsi nel ramo enologico. L’obiettivo dell’azienda è di creare impianti per la vinificazione esclusivi ed unici, a seconda delle esigenze dei diversi clienti.
Ma l’Albrigi ha ottenuto importanti traguardi anche nel settore chimico, farmaceutico, cosmetico e per prodotti come latte, creme, succhi di frutta, cioccolato, lavorando con marchi famosi dell’industria italiana come Aia, Barilla, Zuegg.
Oggi la Albrigi occupa 45 dipendenti e dispone di una rete commerciale che opera in 12 nazioni. Ogni anno il 20% del fatturato viene investito per lo studio di nuove tecnologie da applicare ai suoi prodotti.
L’azione di ricerca e innovazione, uno dei punti di forza dell’azienda, si è tradotta in due importanti impianti di sperimentazione per il settore enologico. Uno consiste nello studio sui processi di fermentazione delle uve delle TreVenezie ed è stato realizzato a Gargagnago (VR) in collaborazione con la prestigiosa azienda vinicola Masi, la Cooperativa Vivai Rauscedo, l’Università di Milano e il Ministero per l’Università e la Ricerca. L’altro impianto di sperimentazione si trova presso l’Istituto Agricolo Regionale della Valle d’Aosta, ed è finalizzato alla valorizzazione delle produzioni autoctone della zona, coniugando tecniche tradizionali di vinificazione con moderne tecnologie.
L’Albrigi ha fornito anche speciali serbatoi studiati su misura per una produzione particolare dell’Azienda Zenato. Questa conta 70 ettari di vigneto suddivisi nelle celebri aree enologiche della Valpolicella e del Lugana. L’azienda di San Benedetto di Lugana, fondata da Sergio Zenato al quale si affiancano oggi i figli Alberto e Nadia, sta infatti portando avanti una interessante ricerca per il miglioramento dei cloni storici dei vitigni, in particolare il Trebbiano del Lugana, sotto la supervisione dell’Università di Milano e del prof. Attilio Scienza.

Kermesse napoletana per le donne del vino
L’Associazione Donne del Vino è stata protagonista ed organizzatrice a Napoli di una grande manifestazione culturale ed enogastronomica. La presidente delle Donne del Vino Pia Donata Berlucchi, Amministratore Delegato della F.lli Berlucchi in Franciacorta, ha spiegato la scelta della città di Napoli come sede dell’evento in riconoscimento alle socie del Sud, la cui operatività sta sempre più crescendo.
In risposta, la Delegazione Campana, condotta da Elena Martusciello delle Cantine Grotta del Sole, e le altre sedi meridionali dell’Associazione si sono fortemente impegnate per il successo della manifestazione suddivisa in diversi eventi. Fra i più importanti il convegno “Donna e Vino: mito, storia e realtà attuale” A parlare di questo tema affascinante sono intervenuti importanti rappresentanti del mondo culturale e scientifico. In apertura il filosofo prof. Massimo Donà (Univ. di Milano) e Giusi Mainardi, specialista in storia del vino, hanno parlato dei rapporti della donna con il vino attraverso una analisi storica e mitologica. Della realtà attuale che vede diverse donne impegnate nella ricerca vitivinicola, hanno parlato la prof. Caterina Iannini (Univ. del Molise) e il prof. Carlo Lozzia (Univ. di Milano) Ha moderato il dibattito il dr. Giacomo Mojoli (Univ. di Scienze Gastronomiche e Presidenza Slow Food). Sei socie delle Donne del Vino, da Nord a Sud, coprendo tutta l’Italia, hanno portato la loro testimonianza sul lavoro che svolgono e che le appassiona.
Un altro evento memorabile è seguito al convegno: uno straordinario viaggio enogastronomico attraverso la penisola italiana.
Le sale e la terrazza dell’elegante Palazzo Crispi, ex-ambasciata inglese, hanno preso ciascuna il volto e l’anima di una regione, offrendo ad un foltissimo e scelto pubblico la possibilità di gustare prodotti tipici e grandi vini. Marina Ramasso si è occupata del coordinamento cibi con la supervisione di Livia Jaccarino, mentre il coordinamento sala era affidato a Rossella Ricci.
Un altro successo per le Donne del Vino, che dal 1988 riunendo produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste, hanno formato una associazione sempre più attiva e più ricca di visibilità.

Il primo anno del MES
L’Università Cattolica del Sacro Cuore, per iniziativa dell’Istituto di Enologia e Ingegneria Agro-Alimentare, istituisce per l’anno accademico 2005/2006 il Master Universitario di primo livello in Enologia e Sommellerie (MES).
Obiettivo del corso Master è quello di completare sia le conoscenze scientifiche e metodologiche di base, sia quelle operative necessarie ad inserirsi nel settore.
Il Master in “Enologia e Sommellerie” dovrà fornire agli specializzati gli strumenti teorici e pratici necessari per potersi inserire attivamente nelle complesse problematiche del settore eno-culturale-gastronomico.
La figura professionale formata dal corso potrà quindi operare con ruoli tecnico-organizzativi e gestionali nel settore enologico, nella ristorazione, nella GDO (grande distribuzione organizzata), nei settori della ristorazione collettiva, nel settore della libera professione, consulenza ed assistenza tecnica, nonché nei settori della formazione, nel settore dell’organizzazione di fiere, manifestazioni e percorsi turistici eno-gastronomici.
Le responsabilità vanno dall’organizzazione e pianificazione delle attività del comparto vino alla formulazione di standard di qualità, dalla gestione del budget di competenza, alla gestione dei rapporti con i clienti, passando attraverso la gestione dei rapporti con i fornitori.
Il numero dei laureati ammessi al corso di Master universitario è fissato in 30. Per accedere al corso di Master universitario in Enologia e Sommellerie (MES), i candidati saranno selezionati sulla base dei titoli presentati e dovranno superare una prova consistente in un colloquio diretto ad accertare attitudini e motivazioni.
Per ulteriori informazioni: uff.master-pc@unicatt.it

Corsi su etichette e registri di cantina
Nei mesi di maggio e giugno 2005 abbiamo collaborato alla realizzazione di una attività formativa rivolta agli impiegati amministrativi delle aziende vinicole e delle cantine sociali dell’Astigiano, oltre che ai dipendenti dei soci collettivi dell’OICCE.
I corsi si sono tenuti a Canelli, presso il Centro Servizi “G. B. Giuliani” recentemente inaugurato e situato in un palazzo del centro storico. Due sono stati gli argomenti principali trattati: le etichette del vino (creazione, norme, protezione di marchi) e la tenuta dei registri di cantina.
Le lezioni sono state svolte dai docenti Angelo Di Giacomo autore del testo patrocinato da OICCE, “Presentazione e designazione dei vini e dei mosti”, che ha parlato dei vari aspetti dell’etichettatura dei vini e di importanti principi nella tenuta dei registri; Piero Porcu autore del testo, pure patrocinato da OICCE, “Le accise sugli alcoli e le bevande alcoliche” che ha parlato dell’etichettatura delle bevande spiritose e di elementi fondamentali per la tenuta dei registri di cantina; Maria Cristina Baldini dello Studio Torta (sede di Torino) ha spiegato molti interessanti aspetti del diritto di marchio e diritto d’autore nella creazione di un’etichetta; Alberto Pelissetti, graphic director, ha illustrato i passi che portano alla realizzazione grafica di un’etichetta.