L'OPINIONE DEL PRESIDENTE
di Moreno Soster

Una ricerca rinnovata

 

In questi anni il mondo della ricerca agricola italiana sta vivendo una stagione di importante rinnovamento.
In Italia, molto schematicamente, operano numerosi Enti di ricerca tra cui i principali sono le Università, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, gli Istituti Sperimentali collegati a Ministeri specifici, oltre a numerosi altri di livello nazionale e regionale. Da tempo si è avviato un percorso di riordino di Università e CNR, mentre ultimamente gli Istituti sperimentali collegati al Ministero delle Politiche agricole e forestali (Mipaf) - nel complesso si tratta di 28 strutture - sono confluiti in un Ente unico, il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA), del quale in questi mesi si stanno definendo la nuova organizzazione ed i nuovi compiti.
L’occasione è quindi veramente propizia per riflettere sulle prospettive della ricerca agricola, e vitivinicola in particolare, in considerazione del ruolo che essa gioca nel fornire le basi conoscitive necessarie ad un aggiornamento della tecnica (agronomica, industriale, economico-commerciale, logistica) che è essenziale al mantenimento della competitività delle aziende.
La viticoltura e l’enologia italiane sono caratterizzate da alcuni elementi che le contraddistinguono a livello mondiale: una straordinaria ricchezza di vitigni che si traduce in una offerta estremamente diversificata di vini, una gamma commerciale variegata, un forte legame tra vino e territorio che alimenta flussi di turismo eno-gastronomico, un’imprenditoria di caratteristiche e dimensioni molto differenziate (che va dall’azienda coltivatrice diretta che vinifica le proprie uve e cura la commercializzazione del vino, alle forme di aggregazione cooperativa o associativa, alle industrie enologiche).
Un sistema produttivo vinicolo italiano molto articolato, che ha usato questa sua poliedricità per affrontare le sempre mutevoli richieste del mercato.
Tuttavia in questa sua differenziazione trova anche i propri limiti competitivi sulla piazza mondiale, che le moderne tecnologie e le scelte di politica internazionale ci hanno aperto. In questo momento l’Italia vitivinicola ha in mano grandi potenzialità che deve giocare al meglio per continuare a essere un paese di riferimento nel panorama enologico.
Due sono, secondo me, i punti su cui occorre porre la maggiore attenzione: la ricerca e la commercializzazione.
Per ora mi soffermo sul primo aspetto, che conosco un po’ meglio.
La ricerca vitivinicola italiana ha lavorato moltissimo in questi anni per affinare le conoscenze del ricco panorama ampelografico nazionale, nella messa a punto di moderne tecniche enologiche che interpretassero e conservassero le peculiarità organolettiche varietali, per la caratterizzazione delle produzioni (proto-zonazione?), a vantaggio di una pluralità di territori vitivinicoli italiani.
Nonostante gli encomiabili sforzi condotti dai ricercatori, si è assistito troppo spesso ad una frammentazione del loro operato e dei risultati, che hanno sicuramente incrementato il sapere dei vari contesti locali, ma non hanno consentito una sufficiente crescita collettiva della conoscenza che potesse tradursi in strategie complessive del nostro paese in un contesto internazionale.
Spesso si è verificata una limitata disponibilità a collaborare tra ricercatori di discipline diverse nel raggiungimento di obbiettivi conoscitivi comuni e condivisi.
Analogamente non si è alimentata a sufficienza la collaborazione e lo scambio con ricercatori stranieri. Infine, non ancora ottimale è stato il flusso informativo tra ricerca e impresa.
OICCE ha invece sempre sostenuto la necessità del lavorare insieme, per crescere tutti a partire dall’esperienza di ognuno.
Questa fase di riordino della ricerca agricola italiana è una grande occasione per avviare un processo di integrazione non soltanto degli ex Istituti del Mipaf ma dell’intera ricerca agricola italiana.
Tutti i ricercatori che si occupano di vite e vino in Italia devono essere messi nelle condizioni di lavorare insieme, perché ormai solamente ampi gruppi di ricercatori, che operano in stretto collegamento tra loro, sono in grado di affrontare problemi complessi in tempi coerenti con la dinamica aziendale e commerciale.
Peraltro occorre alimentare una maggiore conoscenza delle peculiarità locali (i vitigni, i vini, i territori). ma in una strategia complessiva e organica del sistema vitivinicolo nazionale. Solamente coltivando consapevolmente la conoscenza è possibile avere quel margine di competitività essenziale al mantenimento di una leadership.
Occorre però il coraggio di affrontare un cammino orientato al dialogo e all’apertura reciproca, alla “contaminazione” tra soggetti e discipline diverse, alla ricerca di nuove strade nella comunicazione viticola ed enologica. Operando con risorse umane motivate e sostegni finanziari stabili e coerenti con gli obbiettivi da raggiungere.
Così OICCE ha cercato di fare in questi anni.
Perché siamo consapevoli che nel nostro futuro saranno le idee a fare la differenza.