UNA INTERVISTA A...

Marilena Madau
Sugherificio Martinese

Il Sugherificio Martinese è stato fondato nel 1975 dai fratelli Giovanni, Piero e Renzo Mariotti, figli di un artigiano del sughero di Calangianus, di nome Martino, da cui deriva anche il nome dell’azienda.
I tre fratelli fondano l’azienda dopo anni di esperienza nel settore del sughero e iniziano prima a produrre sughero semilavorato per i calzaturifici, poi si rivolgono ad altri settori industriali.
Il Sugherificio Martinese comincia così a produrre tappi in sughero monopezzo per il settore enologico. Nel 1982 l’azienda intuisce l’importanza del mercato piemontese e decide di aprire una filiale ad Alessandria, costituendo una nuova società con Ugo Cartasegna al quale sono affidati i rapporti commerciali sul Nord Italia.
I tre fratelli costituiscono da soli il management del Sugherificio Martinese sino agli inizi degli anni ’90 quando, in seguito alla prematura scomparsa di Giovanni Mariotti, entra a far parte della nuova compagine societaria anche Ugo Cartasegna.
Nel 1995 il Sugherificio Martinese si dota del Laboratorio di R&S che ancora oggi si conferma uno dei più importanti asset dell’azienda.
Ancora nel 1995, alla storica produzione di tappi in sughero naturale, viene affiancata la produzione di tappi in sughero agglomerato e agglomerato con rondelle.
Si sviluppano le vendite sui mercati europei ed extra UE con i quali l’azienda ha acquisito rapporti stabili e da cui deriva oggi il 40% del fatturato.
Nel 2005 nasce la filiale commerciale in Sud Africa.
Chiacchieriamo un poco dei progressi e dei progetti di questo sugherificio con la dottoressa Marilena Madau, responsabile del Settore Ricerca e Sviluppo.

Come si configurano la struttura e la produzione
del sugherificio Martinese?

Il nostro sugherificio opera con le sedi produttive in Sardegna, Algeria, Tunisia e con le sedi commerciali in Piemonte e Sud Africa, operando con agenti di vendita e con importatori in diversi paesi europei ed extraeuropei.
Martinese attualmente produce 60 milioni di tappi in sughero naturale monopezzo e 60 milioni di tappi in sughero agglomerato e agglomerato con rondelle. L’azienda ha un ciclo di produzione integrato operativo sulle 24 ore.

Quale importanza riveste
il laboratorio di ricerca e analisi
nella vostra struttura?

L’azienda ha investito una parte considerevole del proprio fatturato in R&S, per arrivare a dotarsi di uno dei più avanzati laboratori di analisi e ricerche del settore sughero. Il laboratorio ha inoltre attivato importanti collaborazioni con diversi Centri di Ricerca e Università.
La scelta di avere all’interno della propria struttura un tale strumento per il controllo continuo del processo produttivo e per lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie, ha permesso il raggiungimento di alti standard qualitativi.
In particolare, è stato messo a punto un processo innovativo di sanitizzazione del sughero, attualmente in fase di evoluzione, e soprattutto è stata sviluppata e pubblicata una metodologia di controllo chimico - sensoriale per la determinazione del 2,4,6-tricloroanisolo (TCA) e altri metaboliti fungini, al fine di produrre turaccioli esenti da composti responsabili di gusti “anomali” nel vino.

Quali analisi vengono effettuate
e considerate più importanti?

Le analisi sensoriali, condotte da un panel di assaggio allenato al riconoscimento dei diversi caratteri organolettici del sughero, unite alle analisi strumentali per la determinazione dei composti volatili in tracce, costituiscono i test di maggior rilievo eseguiti all’interno del laboratorio.
Il settore Ricerca e Sviluppo del Sugherificio Martinese è inoltre impegnato su diversi fronti per il miglioramento del processo produttivo e la valorizzazione del prodotto naturale.

Come sono cambiate le richieste dei clienti
negli ultimi anni?

La crescita qualitativa del vino e la sua diffusione in un mercato sempre più internazionale, hanno determinato sia la richiesta di maggiori garanzie di qualità dei materiali di imballaggio, spingendo il comparto sughero verso una forte innovazione tecnologica del settore, sia lo sviluppo di chiusure alternative, presenti sul mercato a prezzi più favorevoli.
Esistono problemi nell’approvvigionamento di sughero?
La ricerca di materia prima di qualità ha portato Martinese ad esplorare nuove fonti di approvvigionamento. Sono nate così nel 2001 la filiale produttiva in Algeria e nel 2005 la filiale produttiva in Tunisia.
In questo modo Martinese supera le problematiche inerenti l’approvvigionamento di materia prima e punta alla produzione di un prodotto di qualità.

Quali sono stati i principali sviluppi tecnici nel settore dei tappi in sughero?
Negli ultimi vent’anni la produzione dei turaccioli in sughero è passata da un livello ancora per certi versi “artigianale” a un livello high tech, grazie all’introduzione di macchinari e processi tecnologicamente avanzati.
Ad esempio, l’utilizzo del nuovo sistema di agglomerazione a stampo singolo, nella produzione dei tappi tecnici in sughero agglomerato, ha permesso l’ottenimento di tappi ad alte prestazioni meccaniche con caratteristiche fisiche omogenee.
Nell’ultimo decennio, l’utilizzo di tecniche mutuate dall’industria alimentare, come lavaggi speciali, trattamenti sanitizzanti che utilizzano il vapore a pressione in autoclave o i fluidi supercritici impiegati per la decaffeinizzazione del caffè e del tè, permettono l’abbattimento dei composti volatili e un miglioramento generale del profilo sensoriale del sughero.
L’introduzione di apparecchiature sofisticate nei laboratori di controllo ha inoltre permesso il monitoraggio di parametri fisici e chimici importanti.
L’evoluzione dell’industria plastica di sintesi ha inoltre consentito l’utilizzo di prodotti paraffino - siliconici ad alte prestazioni per il trattamento superficiale dei tappi e di colle a basso contenuto di isocianati, svolta fondamentale per la produzione di un imballaggio idoneo al contatto con gli alimenti e una lavorazione quanto più ecologica possibile.

Qual è la vostra posizione nei confronti
della tracciabilità del tappo?

L’esperienza sviluppata nel settore ci ha insegnato che nell’area molto circoscritta del bacino del Mediterraneo, habitat della quercia da sughero, ci sono sugheri adatti a essere trasformati in tappi e sugheri non adatti.
Riteniamo che i sistemi di tracciabilità siano importanti per risalire ai metodi di selezione, di produzione e di controllo del sughero utilizzato.

Quali sono i progetti futuri?
Adoperarci affinché il connubio sughero-vino rimanga inalterato nel tempo, promuovendo l’utilizzo del tappo di sughero anche attraverso la valorizzazione degli aspetti tecnologici e caratteristici di questo materiale che giocano un ruolo fondamentale nella maturazione del vino in bottiglia.
È in studio, ad esempio, il monitoraggio del rilascio dal sughero di composti organoletticamente attivi e di polifenoli a basso peso molecolare durante il processo di affinamento del vino in bottiglia.

DIETRO LE QUINTE...
Qual è l’aspetto più mitico del tappo?
Il fatto che venisse utilizzato come chiusura per le anfore dagli antichi Greci e dai Romani e che si sia diffuso come unico tipo di chiusura delle bottiglie di vino fin dal XVII secolo.

Cosa pensa assaggiando un grande vino?
L’intensità dei profumi, la loro persistenza, l’ampiezza del gusto che colgo sarebbero gli stessi con un altro tipo di chiusura?

C’è un ricordo particolare legato ad un cliente o ad un avvenimento della storia del sugherificio?
Ce ne sarebbero tanti ma uno in particolare continua a farci sorridere: è legato a un nostro cliente friulano.
Per ringraziarci del nostro lavoro mi scrisse una lettera dove diceva: “Quando qualcuno insiste nel voler sapere il segreto del mio vino allora dico che i segreti non posso rivelarli perché sono custoditi nel cuore di due donne. Una donna francese mi fa avere le barriques delle migliori querce di Francia, ed è dunque la regina della cantina; una donna sarda mi fa avere i tappi migliori dalle migliori querce di Sardegna, e dunque è la regina della bottiglia.”