BIBLIOTECA OICCE


a cura di Francesco Del Zan, Osvaldo Failla,
Attilio Scienza
La vite e l’uomo
Dal rompicapo delle origini
al salvataggio delle reliquie
ERSA, Gorizia, 2004, pp. 999

Nel 1997 la Commissione europea accordava all’ERSA un finanziamento per lo sviluppo del Centro Pilota per la Viticoltura di Gorizia con lo scopo, tra l’altro, di intraprendere azioni a tutela delle varietà di vite a rischio di erosione genetica dell’Europa orientale. L’ERSA affidò allora l’incarico di raccogliere ogni informazione possibile su questi vitigni al Dipartimento di Produzioni Vegetali dell’Università di Milano, che da tempo aveva avviato ricerche sul germoplasma viticolo dell’Europa orientale, del Caucaso e dell’Asia anteriore.
Di qui è nata la realizzazione di uno studio che ha visto collaborare quindici fra università ed enti di ricerca di nove Paesi.
Alla descrizione dei vitigni propri della storia di tali Paesi, questo lavoro unisce una teoria sull’origine delle varietà di vite, frutto delle più recenti ricerche condotte con metodo pluridisciplinare: dalla genetica molecolare all’antropologia, dalla linguistica all’archeobotanica.
Dopo i profondi interventi introduttivi di Gaetano Forni: “Dall’origine della viticoltura alla sua introduzione in Italia” e di Attilio Scienza: “Il terzo anello, storia di un viaggio”, più di ottocento pagine ripercorrono il viaggio della vite dal Caucaso alle soglie dell’Occidente, presentando la realtà del Mar Nero settentrionale, della Transcaucasia, dell’Asia centro-settentrionale, di Bulgaria, Romania, Grecia, Albania, Serbia e Montenegro, Croazia, Slovenia, Friuli Venezia Giulia, Magna Grecia e Sicilia.
Ciascun capitolo delinea la storia e la situazione contemporanea della viticoltura dei singoli Paesi e riporta una serie di brevi schede ampelografiche dedicate ai vitigni locali più importanti.
I criteri di base con i quali sono stati individuati sono soprattutto l’origine, la presenza nella storia delle diverse regioni e l’attuale rarità.
Quest’opera parte da due considerazioni di fondo: la prima, che le regioni viticole ad oriente dell’Italia rappresentano una riserva di diversità varietale di enorme importanza, non solo per la conoscenza delle nostre radici storiche, ma anche per la possibilità di un loro utilizzo futuro in programmi di miglioramento genetico; la seconda, che in queste regioni l’erosione genetica viticola è attualmente così rapida che si rischia in pochi anni di perdere ciò che l’uomo ha conservato e coltivato per centinaia di generazioni.

Paolo Clerici
Cash&Carry
AGRA Editrice, Roma, 2006 pp. 320, Euro 30

Tradotto letteralmente dalla lingua inglese, Cash&Carry significa “paga in contanti e porta via”.
Si tratta di una forma di distribuzione nata in Germania subito dopo la seconda guerra mondiale. Il Ministero delle Attività Produttive lo identifica con questi termini: “un esercizio all’ingrosso organizzato a self-service, con superficie di vendita superiore a 400 mq nel quale i clienti provvedono al pagamento in contanti contro emissione immediata di fattura, e al trasporto diretto della merce”.
Negli ultimi anni il canale Cash&Carry ha conosciuto una crescita costante. Questo libro vuole analizzare le innumerevoli sfaccettature che caratterizzano questo canale nel tentativo di fornire un modus operandi e di fornire le linee guida e indicazioni specifiche, partendo dalle esperienze sul campo dell’Autore, da tempo impegnato nel settore delle vendite per grandi gruppi.
Alimentaristi, ristoratori e bar sono stati identificati come tre macrocategorie dei clienti potenziali di un Cash&Carry. Di tali categorie sono state analizzate caratteristiche e aspettative.
I punti di forza di questa forma di vendita, individuati nel libro sono: l’economicità rispetto ad altre forme di distribuzione, il ruolo di magazzino per i propri clienti, l’elevata specializzazione raggiunta dal canale e una rete di vendita estesa e capillare su tutto il territorio nazionale.

Quaderni di Scienze Viticole ed Enologiche
Numero 28, 2005-2006
Università di Torino, Torino 2006, pp 348

I Quaderni di Viticoltura ed Enologia, editi dall’Università di Torino, sono nati nel 1977 come “Quaderni del Corso di Specializzazione in Viticoltura ed Enologia” in rapporto all’attivazione di tale corso annuale da parte del prof. Italo Eynard.
In questo modo il professore riprendeva l’iniziativa, durata un decennio e conclusasi nel 1958, del Corso di Specializzazione in Viticoltura ed Enologia “Alberto Marone Cinzano” fondato dal prof. Giovanni Dalmasso.
In questi trent’anni la testata è andata lievemente modificandosi seguendo l’evoluzione della specializzazione in viticoltura ed enologia.
Con il riordino dei corsi di laurea, nell’ambito della classe di lauree specialistiche in Scienze e Tecnologie Alimentari, è stata istituita la Laurea Specialistica Interateneo in Scienze Viticole ed Enologiche, coordinata dal prof. Vittorino Novello. Ecco perché da questo numero la testata si rinnova e fa riferimento a questa nuova realtà.
Non cambiano però gli obbiettivi e l’impronta della pubblicazione che continua a rappresentare un contributo importante alla formazione nel settore vitivinicolo.
Su questo numero sono pubblicati 23 lavori sperimentali, svolti da importanti esperti italiani, che toccano temi molto interessanti fra i quali gli aspetti genetici nello studio dei vitigni del territorio, l’influenza dei fattori colturali nell’espressione dei caratteri varietali delle uve, gli indici di maturazione delle uve, il ruolo dell’ossigeno e del legno nell’espressione dei caratteri varietali, la valutazione delle potenzialità fenoliche di uve rosse piemontesi, i risultati di indagini di zonazione effettuate sul territorio toscano, le vigne del Tarantino.
Una parte rilevante del volume riporta gli interventi tenuti al recente convegno sul Nebbiolo tenutosi ad Alba. C’è poi un resoconto dei viaggi di studio effettuati nel 2005 dagli studenti della Laurea Specialistica. L’ultima sezione presenta i riassunti delle tesi di specializzazione.
Per informazioni rivolgersi al Dipartimento di Colture Arboree - Università di Torino - tel. 011 6708655

Claudio Fabbro
Il Vigneto Friuli dall’arrivo dei Romani alla “partenza” del Tocai
Ducato dei Vini Friulani, Udine, 2005, pp. 126

Agronomo, enologo, giornalista, Claudio Fabbro è un appassionato conoscitore e un profondo studioso del “Vigneto Friuli”.
Autore di numerosi libri e pubblicazioni, in questo volume offre una vera e propria radiografia del vigneto friulano attraverso l’assemblaggio di documenti storici, testi, memorie, parti di giornali e riviste, frutto di molti anni di paziente e metodica raccolta.
Di grandissimo interesse è l’ampia parte dedicata all’analisi storica e geografica e alla descrizione ampelografica e delle caratteristiche organolettiche del Tocai Friulano.
Tutto questo è analizzato e visto anche in rapporto all’annosa e spinosa diatriba con l’Ungheria sull’uso della denominazione. Sempre in quest’ambito, come opportunità di chiarimento e di confronto oggettivo, viene tracciata anche una storia del Tokaj ungherese.
Si ripercorrono i testi di accordi e trattati internazionali e di una importante sentenza del 1962 della Corte di Cassazione che conteneva tutti gli elementi per ritenere privo di fondamento il riconoscimento della denominazione Tokaj alla sola Ungheria. Precisi accenni a riferimenti storici, geografici, tecnici e giuridici vengono presentati in successione temporale a partire dal 1100 fino al 2005, tracciando un profilo veramente utile ed unico, affiancato da testimonianze e impressioni di protagonisti di vario genere del settore enologico italiano.
Vi troviamo inoltre molte informazioni sull’opera della prestigiosa confraternita “Il Ducato dei Vini Friulani”, nata a Cividale nel 1972, e sul suo concreto supporto in difesa del Tocai e dei vitigni autoctoni.
Alla descrizione e alla storia di alcuni di questi vitigni e dei rispettivi vini è dedicata l’ultima parte del libro, con diffusione particolare sul Verduzzo friulano e il Ramandolo, i Refoschi, il Terrano, la Malvasia Istriana, la Ribolla gialla.

Roberto Cipresso,
con Giovanni Negri e Stefano Milioni
Il Romanzo del Vino
PIEMME, Casale, 2006, pp. 316, Euro 16

È un racconto di tante avventure vissute dal vino e da un “terroirista”, come ama definirsi il winemaker Roberto Cipresso.
Per il “terroirista”, il terroir è la terra miracolosa dove si compirà il rito nuovo ed eterno, l’alchimia magica composta di minerali, luci, venti e mano dell’uomo che scuoterà il mondo del vino. Terre antiche e terre nuove, e ancora altre terre che si vanno svelando alla vite.
Si legge di incontri con il “vino-business” di New York, o con il “vino monumento” di Parigi, con il “vino-vetrina”, “must” e “status symbol”, ma anche con gli occhi di Giulio Gambelli, piccolo-grande uomo novantenne di Poggibonsi. I suoi occhi ridono ridono e ridono quando dopo un assaggio ti snocciola con esattezza perfetta il nome del vigneto di provenienza di ogni Brunello. Nel libro si passa lievemente a raccontare momenti della storia più antica e quelli di una storia più vicina e direttamente vissuta.
È un’occasione per ascoltare le chiacchierate dotte ed amichevoli del professor Scienza, un Passepartout moderno che insieme a Roberto Cipresso e a Stefano Milioni accompagna il lettore nel viaggio in mongolfiera per un giro del mondo in ottanta terre della vite e del vino; un viaggio alla ricerca di alcuni grandi terroir del nuovo e del vecchio mondo, dalla culla della modernità ai castelli dell’aristocrazia del vino e ai campi dei miracoli.
Quello che traspare dal “romanzo” è un bel modo di intendere il vino, trasmesso con entusiasmo, con passione autentica, con sentimento e con realismo. Tuttavia non possiamo non mostrare discordanza nel vedere presentata con toni da operetta la serissima vicenda del conte di Cavour a Grinzane e di voler ancora erroneamente attribuire ad un francese l’invenzione del Barolo.