CORSI, CONVEGNI E INCONTRI


OICCE partecipa a Rai Educational
Nei mesi di settembre e di ottobre è stato trasmesso da Rai Educational, in onda su Rai Tre, il programma “Per Bacco”, di Sandro Vannucci e Marco Mattolini.
È stato un viaggio fra le principali regioni enologiche italiane per proporre la prestigiosa storia, le tradizioni e l’attualità di aree note in tutto il mondo per la loro vocazione di terre da vino d’eccellenza.
Per ripercorrere le vicende storiche del Piemonte vitivinicolo, in particolare quelle legate alla svolta fondamentale vissuta da questa regione nel corso del 1800, sono stati invitati come storici del vino Pierstefano Berta e Giusi Mainardi.
Le interviste sono state realizzate proprio nei luoghi che sono stati diretti testimoni di fasi molto importanti dell’enologia piemontese: la tenuta reale di Pollenzo, voluta da re Carlo Alberto, oggi sede dell’Università del Gusto, e il castello di Grinzane, fulcro della tenuta che fu gestita dal conte Camillo Benso di Cavour e che attualmente ospita la prima delle enoteche regionali istituite in Piemonte.
Nel raccontare l’evoluzione nella ricerca della qualità, i primi passi verso l’affermazione di nuove tecniche enologiche e le scelte di vinificazione che posero le basi per la produzione e il successo dei vini rossi da invecchiamento, si è fatto riferimento alla figura e all’opera del generale-enologo Paolo Francesco Staglieno. Enologo di Carlo Alberto a Pollenzo e del conte di Cavour alla tenuta di Grinzane, fu infatti un protagonista dei nuovi tempi del vino. Staglieno fu un tecnico e anche un divulgatore. Nel programma di Rai Educational è stato mostrato il libro di successo che egli scrisse nel 1835, “Istruzione intorno al miglior modo di fare e conservare i vini in Piemonte”, e del quale OICCE ha curato la ristampa nel 2003 per le Edizioni dell’Orso.

La grappa piemontese
alla tornata accademica di Asti

L’Accademia Italiana della Vite e del Vino, il 7 Ottobre 2006, presso la Camera di Commercio di Asti, ha dedicato la sua tornata autunnale ad un convegno rivolto alla grappa piemontese.
Dopo i saluti delle autorità astigiane, il dr. Mario Ubigli, direttore del C.R.A. Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, a nome del Comitato Organizzatore della tornata, ha dato il benvenuto all’Accademia. È seguito il saluto del dr. Cesare Mazzetti, Presidente Istituto Nazionale Grappa e Istituto Grappa Piemonte. Il presidente dell’Accademia, prof. Antonio Calò, ha mostrato la sua soddisfazione nel veder nuovamente gli Accademici riuniti in Piemonte. Sono quindi iniziati i lavori presieduti dal prof. Aureliano Amati.

Aspetti storici
L’introduzione storica è stata svolta dal dr. Pierstefano Berta (Distillerie F.lli Ramazzotti) che ha percorso le tappe principali che hanno segnato il cammino della grappa piemontese, dalle prime citazioni di questo distillato in Piemonte, al suo uso sociale, all’evoluzione delle considerazioni medico-salutistiche, agli aspetti normativi e fiscali, alla tipologia di consumo nelle diverse classi sociali e in diverse epoche. È stata presentata l’antica usanza piemontese di “coquere feciam” attestata fin dal 1400, sottolineando poi l’aspetto alchimistico e medico che caratterizzò le prime produzioni, considerate molto positive dal punto di vista salutistico.
Sono state quindi portate alcune testimonianze sulla risonanza seicentesca dei produttori di liquori piemontesi e sull’affermazione dell’acquavite nel 1700, quando questo distillato entrava negli usi di corte ed era indirizzato alla “someglieria”, alle preparazioni dei cuochi e al trattamento di confetture e frutta, molto gradite dalle signore di classe. Sono state quindi raccontate le vicende ottocentesche della produzione di “brandvin”, termine che portò alla definizione dialettale della grappa come “branda”. L’esame storico ha poi toccato la distillazione artigianale, le forti tassazioni che demotivarono i distillatori, le leggi antialcoliche, fino alla nascita e al successo delle grappe monovarietali, gli efficaci strumenti del marketing, la nuova realtà qualitativa collegata alle ricerche e ai progressi del processo produttivo.

La normativa e la tutela
Il dr. Ottavio Cagiano de Azevedo (Direttore della Federvini) ha trattato poi il tema “La Grappa e la normativa internazionale”. La legislazione italiana, ha detto, inizia ad occuparsi di grappa nella prima metà del 1900, quando con i Regi Decreti del 1923 e del 1933 si trova citato questo distillato, anche se in quel momento è definito genericamente “liquore” ed è abbinato a prodotti come la Sambuca, il Mistrà ed il Brandy.
È solo nel 1951 che si predispone la prima legge organica italiana sulle acquaviti. In questo caso però il termine “Grappa” ha ancora un carattere generico, utilizzabile cioé come sinonimo di “acquavite di vinaccia” oppure di “distillato di vinaccia”.
È stato proprio il quadro internazionale che ha portato alla progressiva protezione del termine “Grappa”. Infatti, in seguito alla celebre sentenza detta del “Cassis de Dijon” (che vedeva coinvolta proprio una bevanda alcolica e la sua definizione, differente tra Germania e Francia) con gli anni 1980 inizia nella Comunità una discussione per creare un Regolamento che fissi le caratteristiche delle bevande alcoliche in modo tale che possano essere definite in maniera univoca per tutti i paesi dell’Europa.
È in questo momento che vengono fissate le prime specifiche tecniche che distinguono la “Grappa” dall’ “Acquavite di Vinaccia”. Anche se i prodotti a questo punto divengono normativamente diversi, non si presenta tuttavia nel Regolamento un qualsiasi tipo di specificità italiana per la produzione della Grappa. Stando così le cose, qualsiasi paese europeo avrebbe potuto distillare un’acquavite di vinaccia dalle caratteristiche richieste e chiamarla “Grappa”. La connotazione italiana della Grappa venne definita soltanto nel 1989, quando si identificò la Grappa come distillato prodotto nel “territorio nazionale italiano”. Nel 1997, con un Decreto del Presidente della Repubblica, si ribadì la connotazione di prodotto a forte valenza geografica.
La difesa del termine “Grappa” da parte del Governo italiano fu molto decisa e culminò con il rifiuto della ratifica dell’accordo tra Unione Europea e Sud Africa fino a quando il Sud Africa non avesse rinunciato all’uso del termine “Grappa” per i propri distillati di vinaccia.
Questo progressivo rafforzamento della protezione di origine è arrivato finalmente a designare la grappa con indicazione geografica italiana.
È importante però sottolineare, ha aggiunto il dr. Cagiano, che la protezione di una denominazione come “Grappa” non è solo costituita da una mera verifica che il termine sia utilizzato legittimamente. Si dovrebbe infatti tenere sempre presente che proteggere una denominazione significa anche difenderne la fama e le tradizioni, portando il dovuto rispetto al prodotto stesso, alle aziende che lo producono, lo imbottigliano e lo commercializzano, ai consumatori.

Le vinacce: una interessante risorsa economica
È seguito l’intervento del dr. Alessandro Francoli (Distillerie Francòli) su “Distillazione: problemi e risorse per la cantina e per l’ambiente”. In Italia, ha detto, ci sono oggi solo 136 distillerie attive. Queste non riescono ad utilizzare tutte le vinacce prodotte annualmente, valutabili in 15-20 milioni di quintali e che costituiscono un volume equivalente al carico di circa 50.000 autotreni.
Le vinacce sono quindi una materia prima secondaria che meriterebbe una maggiore attenzione per i possibili usi alternativi: come combustibile, per estrarre l’olio dai vinaccioli o per l’estrazione di altri utili sostanze come ad esempio l’acido tartarico. Un ulteriore impiego, sebbene marginale, per le vinacce opportunamente trattate, è anche quello di alimento per il bestiame. È in definitiva assurdo gettare via quella che potrebbe invece costituire una interessante risorsa economica.
Lo sviluppo degli ultimi anni a livello internazionale dell’alcol come carburante, ha fatto risvegliare l’interesse anche per le altre fonti energetiche ecocompatibili o rinnovabili. Le vinacce esauste, oppure i vinaccioli, sia prima sia dopo l’eventuale estrazione dell’olio, costituiscono delle possibili fonti energetiche e possono rappresentare un combustibile a bassissimo costo. Addirittura le ceneri risultanti dalla combustione delle vinacce possono costituire una interessante sostanza utilizzabile come fertilizzante.
Al fine di sviluppare una filiera bioenergetica dalle vinacce, però, la distilleria si urta in genere a molti problemi di tipo normativo e amministrativo. Sarebbe necessaria una maggiore attenzione da parte delle autorità al fine di non sprecare un utile contributo alla valorizzazione delle nostre fonti rinnovabili di energia.

La valutazione sensoriale della grappa
È quindi intervenuto il Presidente del Centro Studi e Formazione Assaggiatori (Brescia), Luigi Odello, esperto nell’analisi sensoriale della grappa, che ha riportato i risultati di uno studio su “Identità e personalità della Grappa del Piemonte, definite con metodi innovativi di analisi sensoriale”.
Proprio presso la Camera di Commercio di Asti, ha ricordato Luigi Odello, 25 anni orsono, si cominciava a parlare dell’assaggio della grappa e si facevano i primi passi verso una valutazione sensoriale oggettiva di questo distillato. Dopo le ricerche di mercato compiute sulla base di moderne teorie di marketing, il Centro Studi e Formazione Assaggiatori ha predisposto un’ampia ricerca che ha analizzato 905 assaggi di grappa piemontese effettuati su 28 diversi campioni commerciali. Questa ricerca, svolta a Vinitaly nel 2005 e 2006, ha puntato alla determinazione dell’identità (cioé dell’insieme dei valori portati dal prodotto) e della personalità (cioé degli elementi percepiti dal consumatore) della grappa piemontese.
Il quadro che ne è risultato è molto complesso, ma in sintesi il consumatore che manifesta maggiormente la sua preferenza verso la grappa piemontese, si caratterizza come consumatore maschile tra i 25 e i 55 anni, come assaggiatore attento alla qualità sensoriale, come persona che preferisce consumare la grappa a casa piuttosto che in locali pubblici, e manifesta la sua preferenza verso prodotti garantiti, verso grappe invecchiate e grappe aromatiche.
La serie di degustazioni effettuate fa rilevare che la grappa piemontese supera leggermente la media nazionale come qualità, ma sta soffrendo di una crisi di notorietà. Il suggerimento per un potenziale rimedio potrebbe essere quello di certificare il prodotto “Grappa del Piemonte” sulla base di precise regole di assaggio.

Tecniche innovative
per migliorare la qualità

Il convegno astigiano è continuato poi con la trattazione di aspetti tecnico-produttivi. Il dott. Giuseppe Versini (Dirigente di Ricerca dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige), notissimo esperto di questo distillato, ha parlato di alcune specifiche tecniche innovative per la produzione della grappa.
Lo scopo delle sue sperimentazioni è stato quello di condurre la distillazione in modo da ottenere una diminuzione dei difetti e in modo da far emergere note fruttate, floreali fini e collegate alle varietà.
Al fine di far comparire le note piacevoli, si sono studiati dei sistemi per far diminuire la nota erbacea di solvente, dovuta essenzialmente all’acetaldeide e al diacetale, per portare alla diminuzione del fruttato/maturo e alla diminuzione del sapore di rancido.
Le soluzioni attuali indicano come la diminuzione dell’acetaldeide si possa compiere migliorando l’insilamento ed utilizzando una colonna demetilatrice e come gli esteri etilici degli acidi grassi si possano invece ridurre con fitrazioni spinte cross-flow.
Le nuove proposte per l’eliminazione di alcuni difetti “di testa” delle grappe sono costituite dall’uso di sistemi innovativi di ridistillazione discontinua sottovuoto. Rispetto alla grappa base, le diverse classi di eteri mostrano un comportamento diverso in funzione della pressione di esercizio.
Ad esempio le prove di distillazione sottovuoto con alta depressione (670 mm Hg) svolte su vinacce di Moscato giallo, hanno permesso di verificare a fianco delle variazioni in composti potenzialmente negativi (come alcoli, acetaldeide e acetato di etile) quali potessero essere le variazioni di composti interessanti (esteri, composti varietali).
Le caratteristiche generali del prodotto ottenuto dall’impianto sottovuoto, rispetto ad un impianto tradizionale a bagnomaria, sono state: una leggera perdita di alcol, in condizioni di vuoto spinto, stimata nel 2-3%, una diminuzione dal 5% al 15% dell’alcol metilico nelle frazioni di cuore, un forte impoverimento delle aldeidi totali e dell’acetato di etile nel cuore e nelle code, un mantenimento dei livelli di alcoli superiori, di monoterpenoli e di alcoli a sei atomi di carbonio, una netta diminuzione globale degli esteri con differenze relative tra le varie classi in funzione del vuoto applicato.
Le considerazioni sensoriali hanno condotto a prodotti migliorati e dalle caratteristiche sensoriali “innovative”, forti diminuzioni dei difetti di testa, incremento delle note fruttate spesso giudicate eccessive, mantenimento della nota floreale terpenica, anche se a volte con variazioni del profilo.
La riduzione delle note di “frutta matura” e di “untuoso rancido” si possono compiere con un trattamento di tipo fisico a carico delle flemme e con la ridistillazione delle stesse.
I dati presentati sono stati ottenuti dalla collaborazione fra IASMA (Istituto Agrario di S. Michele all’Adige) e Distillerie Segnana Spa, nell’ambito del progetto “Fingrappa”, con il supporto dell’Accademia della Grappa e delle Acquaviti di Conegliano e il cofinanziamento del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Con il metodo utilizzato si è ottenuto un limitato calo di acetati e del capronato di etile, la diminuzione di circa i 2/3 degli esteri etilici di acidi grassi C8-C12, la diminuzione di circa la metà degli esteri etilici di acidi grassi C14-C18.
Concludendo si è dimostrato che nel rispetto della tipologia di prodotto, l’introduzione di varianti tecnologiche consente di ottenere grappe grezze da impianti discontinui con caratteristiche sensoriali gradevolmente modificate, comunque “innovate”, giudicate interessanti e forse più idonee anche a subire un processo di invecchiamento in legno.

Uno studio sulle grappe piemontesi
Sono quindi intervenute la dr.ssa Daniela Borsa e la dr.ssa Maria Carla Cravero, ricercatrici del C.R.A. - Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, che hanno presentato il loro studio sulle caratteristiche fisico-chimiche e sensoriali di alcune grappe piemontesi. Si tratta, hanno sottolineato, dell’unico lavoro di ricerca svolto recentemente su alcune grappe giovani piemontesi del commercio che riguardi sia le caratteristiche chimiche sia le caratteristiche sensoriali. Sono dunque state prese in esame dal punto di vista analitico e sensoriale quindici grappe piemontesi in commercio così suddivise: quattro di Barbera, quattro di Nebbiolo, cinque di Moscato, una grappa del Monferrato e una grappa delle Langhe. Le analisi hanno indicato come tutti i parametri rientrassero nei limiti di legge per tutti i campioni esaminati. Un’altra osservazione interessante ha riguardato le grappe ottenute da vinacce di Moscato che si sono differenziate per le concentrazioni più elevate dei composti terpenici, di esanolo, di esenoli, e più contenute nelle concentrazioni di acidi isoamilici. Per quanto riguarda gli aspetti collegati all’assaggio, ogni grappa era individuata da un codice a tre cifre e l’assaggiatore non conosceva il vitigno d’origine. Il panel ha svolto un primo assaggio per la raccolta dei descrittori, due assaggi per la valutazione quantitativa e successivamente sono stati compiuti due assaggi per la valutazione di gradevolezza, quindi si è fatta una statistica con ANOVA. Alcuni dei descrittori si sono rivelati comuni alle grappe analizzate (come rosa, frutta secca, miele…) mentre altri sono più specifici di certe tipologie (pera, nocciola, anice). Molti descrittori individuati sono indicati in bibliografia come caratteristici delle grappe piemontesi. Le grappe con il profilo sensoriale più omogeneo sono risultate quelle da vinacce di Barbera e di Nebbiolo, le più differenziate quelle da vinacce di Moscato. Non si sono rilevate differenze significative di gradevolezza. Il giudizio generale è statisticamente correlabile in primo luogo con la gradevolezza gustativa e la gradevolezza retroolfattiva, quindi con la morbidezza.
Al termine del convegno il presidente Calò ha ringraziato i relatori e gli organizzatori dando appuntamento per la tornata di chiusura dell’anno accademico, a Vicenza, alla Biblioteca La Vigna, il prossimo 16 dicembre, con una importante tavola rotonda dedicata all’OCM vino.

Cosa ci ha insegnato
il professor Giovanni Dalmasso

Il professor Giovanni Dalmasso (1886-1976), uno dei più insigni cultori italiani della vite e del vino, è stato ricordato al Centro di Documentazione per la Viticoltura e l’Enologia che ha sede presso la Cantina Sociale di Ricaldone, nel paese di Ricaldone (AL) dove la vite è regina delle colline.
Il convegno si è tenuto in giugno, alla sede congressi “Cà di Ven” della Cantina Sociale di Ricaldone. L’iniziativa si inserisce nei programmi del Centro di Documentazione che si propone tra l’altro di presentare l’opera di personalità che hanno dato grandi contributi alla Viticoltura e all’Enologia italiana. I precedenti convegni erano stati dedicati al senatore Paolo Desana, considerato padre delle DOC, all’insigne maestro di viticoltura, professor Italo Eynard, ed al professor Luciano Usseglio-Tomasset, grande personalità che ha segnato la nostra enologia.
A parlare del professor Dalmasso e dell’eredità scientifica che ha lasciato, sono state importanti personalità del settore vitivinicolo nazionale.
Dopo il benvenuto del presidente della Cantina Sociale, Franco Zoccola e il saluto delle autorità, ha aperto i lavori la dr.ssa Giusi Mainardi, direttrice del Centro di Documentazione per la Viticoltura e l’Enologia, con una relazione che ha ripercorso la lunga e intensa vita operativa del professore. È seguito l’intervento del prof. Roberto Paglietta (Ordinario di Colture Arboree dell’Università di Torino) che di Dalmasso fu allievo e collaboratore. Alcune rilevanti esperienze internazionali vissute con Giovanni Dalmasso sono state rievocate da uno dei padri dell’ampelografia moderna, l’ampelografo francese Pierre Galet. Il prof. Antonio Calò, presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino e direttore dello storico Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano, ha ricordato il fondamentale contributo portato da Dalmasso ad entrambe queste realtà. Del “credo” di Dalmasso nei confronti delle denominazioni d’origine dei vini ha parlato l’enologo Narciso Zanchetta, presidente del Comitato tecnico Vini DOC. Il dr. Franco Mannini (Responsabile Unità dell’Istituto di Virologia Vegetale del CNR) ha poi illustrato l’attuale interesse dei vitigni creati da Giovanni Dalmasso. Infine il prof. Vittorino Novello (Professore di Viticoltura all’Università di Torino e Coordinatore del Corso di Laurea interateneo in Scienze Viticole ed Enologiche) ha mostrato come si è evoluta la formazione universitaria vitivinicola, fortemente auspicata e sostenuta dal prof. Dalmasso.

Il “Premio Giovanni Dalmasso”
Nell’ambito del convegno dedicato al grande studioso piemontese ha avuto luogo la cerimonia di consegna del “Premio Giovanni Dalmasso”, assegnato dalla Fondazione Dalmasso al professor Annibale Gandini per la sua importante attività scientifica nell’ambito del DI.VA.P.R.A. dell’Università di Torino. La consegna è stata effettuata dalla dottoressa Giuliana Gay Eynard, Presidente della Fondazione Dalmasso.

Premiazione delle tesi
in Viticoltura ed Enologia

Il momento conclusivo dell’intensa mattinata dedicata al prof. Dalmasso ha visto la premiazione delle tesi in Viticoltura ed Enologia pervenute al Centro di Documentazione. Per l’occasione sono arrivati a Ricaldone diversi laureati di molte regioni italiane che hanno inviato e messo a disposizione del Centro una copia della loro tesi per la consultazione.
La raccolta delle tesi viene effettuata dal Centro con la costante collaborazione dell’OICCE, che è molto attenta ai lavori dei giovani ricercatori e che ha anche istituito un premio annuale a loro favore.
I lavori provengono da diverse università d’Italia, ma a giocare la parte del leone è l’Università di Torino. Per questo si ringraziano particolarmente il prof. Gerbi e il prof. Novello, per la sensibilità che hanno nei confronti dell’OICCE e del Centro, offrendo l’opportunità di arricchire la Sezione Tesi con studi vitivinicoli molto interessanti ed attuali.
Franco Zoccola (Presidente della Cantina di Ricaldone), Moreno Soster, Pierstefano Berta e Giusi Mainardi, Direttrice del Centro di Documentazione, hanno consegnato agli autori delle tesi pervenute, gli attestati di riconoscimento e le “bottiglie accademiche” dei pregiati vini della cantina di Ricaldone.
Da ora è possibile inviare ad OICCE una copia della tesi per la prossima premiazione che avverrà nel giugno 2007. La nostra segreteria (0141 822607) è a disposizione per eventuali richieste di informazioni. Al termine di questo incontro, alla presenza della signora Teresina Gay, una targa è stata dedicata all’agronomo prof. Clemente Gay nella biblioteca del Centro, in segno di riconoscenza per il dono dei suoi libri, affidati alla cura di Giusi Mainardi come punto di riferimento culturale dell’OICCE e del Centro di Documentazione.

Quinta edizione del “Teatro in Distilleria”
La rassegna “Teatro in Distilleria”, ideata da Mazzetti d’Altavilla – Distillatori dal 1846 ad Altavilla Monferrato (AL), ha compiuto cinque anni ed è tornata in settembre a far vivere il teatro tra gli alambicchi.
In questa edizione, in collaborazione con Torino Spettacoli, è stata messa in scena per tre sere la commedia “L’Avaro, ovvero la dolce musica del nobil denaro” di Carlo Goldoni, con le musiche di Bruno Coli e la regia di Enrico Fasella.
Hanno preceduto la prima rappresentazione l’inaugurazione di una cappella votiva risalente al 1808 ed ora accuratamente restaurata ed un festoso buffet in cantina, occasione privilegiata di assaggio dei più pregiati distillati della Mazzetti d’Altavilla.
Nel corso della prima serata è stato tagliato il nastro della mostra “Vestiario goldoniano tra profumi di grappa”, un’esposizioe di costumi di illustri firme per alcuni allestimenti goldoniani, affiancata da videoproiezioni di celebri interpretazioni goldoniane, che è stata allestita lungo il percorso dei suggestivi ambienti della distilleria.
Claudia Mazzetti, responsabile marketing e comunicazione, ha dichiarato che questa iniziativa vuole essere un appuntamento per fare del Monferrato e delle sue splendide colline un laboratorio aperto al teatro e alla cultura d’autore.

A Valdobbiadene:
il futuro della spumantistica italiana

A Valdobbiadene, presso Villa dei Cedri, importanti studiosi italiani hanno dato vita ad un seminario organizzato dal Forum Spumanti d’Italia, sull’innovazione, la ricerca tecnico-scientifica e una nuova identità per il futuro prossimo della spumantistica italiana.
Le relazioni hanno toccato vari temi: dall’analisi dei vitigni da incrocio all’importanza delle strategie di mercato nella percezione del prodotto finale, passando per la misurazione della schiuma dello spumante versato nella flûte e poi per l’influenza determinante del microclima sull’aroma delle uve.
Nella prima giornata sono state affrontate le tematiche della ricerca in vigneto e in cantina; moderatori Antonio Calò, direttore dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano e Aureliano Amati, Docente dell’Università di Bologna e Teramo. Si sono confrontati sul tema eminenti studiosi universitari: Alberto Vercesi (Università di Piacenza) ha parlato di vitigni tradizionali e recenti da incrocio per la produzione di spumanti. Fabio Pezzi (Università di Bologna) ha presentato i progressi tecnologici delle macchine utilizzate nella vendemmia meccanica. Nonostante i tempi siano maturi, ha affermato il Prof. Pezzi, in considerazione dell’alto costo e della difficoltà di reperire manodopera, la meccanizzazione della vendemmia, nel nostro paese, incontra molti punti di criticità che ne condizionano la diffusione. Tuttavia, nonostante le criticità, la tecnologia del settore, in 35 anni di esperienze, ha fatto registrare progressi notevoli. Il Prof. Pezzi ha posto inoltre in risalto l’importanza delle lavorazioni come la potatura invernale, le cimature estive e le defogliazioni pre-raccolta per facilitare una corretta vendemmia meccanica.
Nell’intervento successivo Giorgio Nicolini (Istituto Agrario San Michele all’Adige), ha parlato della variabilità dei contenuti di composti azotati e di aromi in vini base-spumante.
Molto interesse ha raccolto anche l’analisi condotta da Diego Tomasi (Istituto Sperimentale di Conegliano) sulla determinante influenza del microclima sulle componenti aromatiche delle uve.
L’enologia emergente ed in grande crescita del sud Italia era rappresentata da Raffaele Lovino (Direttore dell’Istituto Sperimentale di Barletta) che ha confermato come nell’Italia meridionale siano presenti uve dai grandi requisiti tecnici proprio per l’elaborazione di vini spumanti.
Dal vigneto si è passati ai nuovissimi campi della ricerca con Andrea Curioni (Università di Padova) autore di un’analisi strumentale innovativa sulle caratteristiche della schiuma degli spumanti. Partendo dal presupposto che le caratteristiche ed il comportamento della schiuma, prodotta dai vini spumanti durante la mescita nei bicchieri, sono considerati un attributo fondamentale per esprimere un giudizio qualitativo globale, il Prof. Curioni ha descritto un metodo originale per caratterizzare in modo semplice ed accurato il comportamento della schiuma in condizioni riproducenti l’effetto ottenuto con il versamento della spumante in una flûte e per poter esprimere numericamente le caratteristiche del comportamento della schiuma in modo che sia giudicata positivamente da un potenziale consumatore medio.
A conferma dell’alto livello di specializzazione raggiunta dall’enologia italiana, Claudio Riponi (Università di Bologna - CRIVE) ha illustrato l’impiego del ghiaccio secco (CO2) per una ottimale conservazione dell’uva nel tragitto dalla pianta alla cantina. Il contenimento del valore della temperatura aiuta infatti a prevenire i fenomeni di ossidazione ed agisce positivamente sulle caratteristiche organolettiche del vino prodotto.
La seconda giornata, moderata da Mario Ubigli (Direttore Ist. Sper. Enologia di Asti) si è sviluppata sui temi riconducibili a “Territorio, metodo e mercato”. Luigi Galletto (Università di Padova) ad esempio ha sottolineato e dimostrato l’importanza ed il valore aggiunto che attribuisce il marchio Doc sui canali di vendita, mentre Enrico Dalla Bernardina e Roberta Capitello (Università di Verona) hanno puntato l’attenzione su come la percezione finale del prodotto da parte del consumatore dipenda anche dalle strategie di vendita e di marketing messe in atto dalle singole aziende (etichetta, packaging, prezzo ecc.).
Le considerazioni finali sono state affidate al giornalista Nichi Stefi. Da lui un forte invito ad esaltare le identità territoriali e ad una strategia comune per la spumantistica italiana che tenda a imporre l’identità dello spumante come un vino tout–court e non un prodotto speciale, immagine che lo confina ad un consumo o di nicchia di alto livello, o più spesso solo utile al botto in occasione delle festività, periodo in cui ancora oggi si concentra la metà dei consumi totali del prodotto.

Le Donne del Vino a Roma:
“Il vino. Quali valori?”

All’Hotel Parco dei Principi di Roma, un seminario organizzato dall’Associazione Italiana Marketing ha trattato dei valori del vino da diversi punti di vista: dal territorio alla comunicazione, alla storia, al turismo, all’apporto nutrizionale.
L’Associazione nazionale “Donne del Vino”, nata nel 1988 e giunta oggi a contare più di 700 iscritte, ha partecipato con la sua presidente Pia Donata Berlucchi che ha parlato delle esperienze e delle caratteristiche di questa associazione di brillante imprenditoria femminile, che raccoglie al suo interno le responsabili in prima persona di tutte le componenti della filiera vitivinicola. Giusi Mainardi, in qualità di storica del vino, da molti anni socia delle “Donne del vino”, ha parlato dei rapporti delle donne con la bevanda di Dioniso, rapporti complessi, dinamici e mutevoli, a seconda delle epoche, delle culture e delle società, come si è potuto constatare ascoltando alcuni esempi specifici illustrati e tratti da diversi momenti storici.
Di grande interesse anche l’intervento di Alberto Bertelli, dell’Università di Milano e presidente della sottocommissione “Vino, nutrizione, salute” dell’OIV, che come medico ha sottolineato gli effetti positivi di una moderata assunzione di vino ai pasti, non solo di vino rosso, ma anche di bianco. Accanto a questo, il dottor Bertelli ha invitato a riflettere seriamente al fatto che se il vino è stato considerato nel bacino mediterraneo un elemento molto importante dell’alimentazione, ora deve fare i conti con altre culture e con atteggiamenti che parametrando il vino all’alcol e l’alcol alla droga si stanno già facendo sentire. Bisognerà quindi prepararsi nei prossimi anni al confronto con iniziative di tipo repressivo che non andranno solamente, come è giusto, a tutelare la salute delle categorie a rischio, ma incideranno anche profondamente sulle abitudini di tutti i consumatori.
Altri temi trattati sono stati il marketing del vino e del territorio (Riccardo Pastore - Agriprojects), la comunicazione del territorio (Cristiana Gandini), lo scenario del turismo enogastronomico (Elena Di Raco – IS.NA.R.T.) e la figura del sommelier nell’era moderna, raccontata da Franco M. Ricci (presidente Associazione Italiana Sommeliers Lazio).

Master in Enologia e Sommellerie (MES)
L’Università Cattolica del Sacro Cuore, per iniziativa dell’Istituto di Enologia e Ingegneria Agro-Alimentare, in collaborazione con A.S.I. (Association de la Sommellerie Internationale), istituisce per l’anno accademico 2006/2007 il Master Universitario di primo livello in Enologia e Sommellerie.
Obiettivo del corso Master è quello di completare sia le conoscenze scientifiche e metodologiche di base, sia quelle operative necessarie ad inserirsi nel settore del vino dalla produzione alla degustazione e commercializzazione.
La figura professionale formata dal MES potrà quindi operare con ruoli tecnico-organizzativi e gestionali nel settore enologico, nella ristorazione, nella GDO (grande distribuzione organizzata), nei settori della ristorazione collettiva, nel settore della libera professione, consulenza ed assistenza tecnica, nonché nei settori della formazione, nel settore dell’organizzazione di fiere, manifestazioni e percorsi turistici eno-gastronomici.
Il MES offre insegnamenti suddivisi in lezioni frontali e in esercitazioni teorico-pratiche presso laboratori, visite guidate presso aziende del settore e stage finale.
Gli insegnamenti attivati sono: Enologia, Viticoltura, Tecnologie alimentari, Analisi sensoriale, Merceologia, Vini e Prodotti tipici, Igiene e Nutrizione, Diritto, Tecniche di comunicazione, Microlingue.
Il Master è rivolto a laureati delle Facoltà di Agraria e dei Corsi di Laurea in Scienze Biologiche, Chimica, Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, Ingegneria Chimica, Biotecnologie oppure a laureati presso Facoltà diverse dalle precedenti che abbiano svolto un piano di studi, che a parere della Commissione di Ammissione, sia compatibile con le finalità del presente Master. Il numero degli ammessi al corso è fissato in 25.
Per essere ammessi i candidati saranno selezionati sulla base dei titoli presentati e dovranno superare una prova consistente in un colloquio diretto ad accertare attitudini e motivazioni.
Il Corso si svolgerà a Piacenza nell’a.a. 2006/07 dal 9 novembre 2006 nei giorni di giovedì e venerdì. Ulteriori informazioni circa la struttura del Corso e le modalità di iscrizione possono essere richieste a: Ufficio Master Tel. 0523/599134 – fax 0523/599200 e-mail: uff.master-pc@unicatt.it

Progetto “I fasti del Grignolino”
Sono continuati nel 2005 e nel 2006 i lavori dedicati al Grignolino, inseriti nel progetto “I Fasti del Grignolino” partito nel 2001. I risultati della prima fase di studio sono stati presentati in un convegno, poi pubblicati su un numero speciale della rivista OICCE Times e sui Quaderni di Agricoltura della Regione Piemonte.
La seconda parte del progetto ha visto proseguire nuove sperimentazioni di vinificazione del Grignolino ed è stata accompagnata da diverse iniziative di comunicazione. Questo progetto è stato realizzato con il concorso della Regione Piemonte, in collaborazione con l’Associazione OICCE e con la Cantina Sociale di Castagnole Monferrato, dove sono state effettuate le prove di vinificazione.
Queste prove sono state sottoposte alla degustazione di un panel esperto dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti.
Oltre all’esame degli specialisti, i vini ottenuti sono stati sottoposti anche al giudizio dei consumatori. Così da marzo a giugno 2006, una fitta serie di cene-degustazione ha avuto come protagonista il Grignolino, attraente e singolare vino della tradizione piemontese.
Nell’ambito di menù molto curati, i diversi tipi di vinificazione del Grignolino sono stati offerti in assaggio ai partecipanti per raccogliere le loro opinioni e invitarli a conoscere maggiormente la specificità e le grandi potenzialità del Grignolino.
I dati ricavati sono in corso di elaborazione e si stanno rivelando particolarmente interessanti. La presentazione ufficiale dei risultati avverrà all’inizio del 2007 e OICCE Times dedicherà tutto lo spazio necessario alla pubblicazione di quanto è stato ottenuto in diversi anni di studi e di sperimentazioni.