UNA INTERVISTA A...

Elda Aliberti e Andrea Soria
SIRIO ALIBERTI

La Sirio Aliberti è una storica azienda di Canelli, ben nota soprattutto per la produzione di autoclavi, ma anche per i vinificatori e la costruzione di serbatoi per il settore enologico ed alimentare. Questa impresa porta il nome del suo fondatore, il canellese Sirio Aliberti che iniziò l’attività nel 1953. Quello è l’anno della realizzazione delle sue prime autoclavi. La Sirio Aliberti è stata una delle prime aziende che hanno dato un grande impulso alla “cittadina dello spumante”, gettando le basi che avrebbero condotto Canelli, già molto nota come centro vitivinicolo, a diventare un indiscusso punto di riferimento internazionale per l’eccellenza della sua produzione di macchine e impianti per l’enologia. Fin dall’inizio dell’attività Sirio Aliberti è stato affiancato dalla figlia Elda che si è sempre dedicata con grande passione a questo lavoro ed ha diretto l’azienda anche dopo la morte del padre, avvenuta nel 1985. Oggi Elda Aliberti è amministratore unico dell’azienda. Dal 1997 è entrato in campo anche suo figlio Andrea, ingegnere meccanico, laureato al Politecnico di Torino. Andrea, che rappresenta la terza generazione nella conduzione della Sirio Aliberti, ha preso in carico gli aspetti più importanti della progettazione, della produzione e della commercializzazione.
Fino al 1992 la sede dell’azienda è rimasta a Canelli, poi la forte espansione delle attività ha portato alla necessità di trasferire la produzione in un nuovo grande stabilimento a Calamandrana, appena fuori Canelli. Questa nuova realtà occupa una superficie di 22.000 metri quadrati, di cui 4000 destinati alla produzione. Sono attualmente previsti ulteriori ampliamenti che prevedono fra l’altro la realizzazione di un nuovo grande capannone alto 14 metri, che consentirà la lavorazione di grandi recipienti richiesti dalle maggiori industrie alimentari e soprattutto enologiche. Dal 1997 l’azienda si affianca al Gruppo della Toffola.
La Sirio Aliberti, costantemente attenta a tutto ciò che può contribuire al miglioramento del settore enologico, è stata tra i soci fondatori dell’OICCE.
Incontriamo la signora Elda Aliberti Soria ed il figlio Andrea per capire come si è evoluta la loro attività imprenditoriale e quali sono i punti di forza che oggi la contraddistinguono.

Quanta tecnologia e quanto know how ci sono dietro ad un’autoclave?
Solo apparentemente l’autoclave si configura come prodotto molto semplice. In realtà è necessaria una buona tecnologia e una serie importante di conoscenze per poter fornire indicazioni chiare di progettazione, di lavorazione, di scelta di materiali e di accessori. Lo stesso discorso vale non solo per le autoclavi, ma anche per i vinificatori e per tutti gli altri serbatoi che produciamo.


Quali elementi di base caratterizzano la vostra produzione?
Sono essenzialmente due gli aspetti sui quali puntiamo: l’eccellenza della materia prima e l’affidabilità delle nostre soluzioni.
Nel contesto di profondo decadimento della materia prima che arriva sul mercato, vogliamo distinguerci per l’alta qualità dell’acciaio che utilizziamo.
L’altro aspetto per cui vogliamo distinguerci è la vicinanza alle esigenze dei clienti. Noi non vendiamo mai un prodotto standardizzato, ma sempre su misura. Una volta sentite le necessità di un cliente, di qualsiasi dimensione produttiva, le studiamo nei dettagli e proponiamo le soluzioni che risultano più adatte.
Ma c’è un ulteriore punto che noi consideriamo essenziale, cioé lo sviluppo di sempre più approfondite conoscenze sui materiali impiegati.

Come valutate le proprietà dell'acciaio che lavorate?
Abbiamo iniziato una collaborazione con il Politecnico di Torino nel cui ambito, fra l’altro, abbiamo intrapreso una ricerca sperimentale con lo scopo di valutare la resistenza alla corrosione dell’acciaio inossidabile, non tanto in una prospettiva di integrità dell’impianto, quanto come entità di cessione di metallo al liquido contenuto.
Sulla base dei risultati ottenuti, la Sirio Aliberti ha sviluppato un sistema di progettazione e costruzione finalizzato a realizzare una gamma di serbatoi, vinificatori e autoclavi che associno alla funzionalità d’uso, il massimo rispetto per il prodotto contenuto.
I nostri studi sui materiali stanno continuando tutt’ora con l’Università torinese.

Come vedete le opportunità della certificazione?
Abbiamo valutato positivamente questo passo ed entro luglio avremo la Certificazione ISO 9001. Non è per noi solo una certificazione verso l’esterno, ma un modo di misurare internamente la nostra efficienza e di sottoporre la nostra qualità ad un esame obbiettivo condotto da qualcuno che è al di fuori dell’azienda.

Su quali mercati siete maggiormente presenti?
Lavoriamo in particolare con il Nord Italia, specialmente in Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, mentre all’estero la nostra produzione arriva nei Paesi dell’Est, in Francia, in California, in Sud America….

DIETRO LE QUINTE...

Come vedete il futuro delle “bollicine” italiane?
Dal nostro osservatorio, sulla base delle richieste che ci vengono dalle principali regioni enologiche, la sensazione è di un andamento positivo e di un futuro che fa ben sperare.


Volete raccontarci un momento speciale della vostra storia? Elda Aliberti: “Ho tantissimi ricordi, sia belli che brutti, e sono ugualmente affezionata a tutti. Non cambierei niente della mia esperienza professionale. Sono attaccata strettamente a questa azienda che ho visto nascere.
In momenti di grandi difficoltà questa mia affezione mi è stata riconosciuta ed è stata il motivo per il quale importanti persone che sono state per me di sostanziale supporto, mi hanno sostenuta e mi hanno dato la loro piena fiducia. Sono gli incontri con queste persone che ricordo spesso con commozione e con riconoscenza”.
Andrea Soria: “Uno dei ricordi che mi sono cari è quello del giorno in cui mentre giocavo a pallone, avrò avuto allora una decina d’anni, arrivò mio nonno con il camion e mi fece salire in cabina. Andammo insieme sul luogo dove sarebbe sorto il nuovo stabilimento e arrivati lì mi fece posare la prima pietra. Ne fui molto orgoglioso“