L'OPINIONE DEL PRESIDENTE
di Moreno Soster

Etica e Mercato

 

Il gioco di confronto tra i due termini è stimolante in quanto le due parole possono sembrare in evidente antitesi tra loro, soprattutto se immaginate nel pressante vivere quotidiano.
In verità lo sono molto meno di quanto si pensi. L’etica è l’insieme delle regole che definiscono il comportamento o il costume umano nel proprio vivere, spingendosi anche a definire i comportamenti buoni da quelli cattivi (etici o non etici).
Il mercato è il luogo fisico o figurato in cui si incontrano la domanda e l’offerta di beni e servizi; anche il mercato ha delle regole che gli consentono di svolgere la sua funzione. Quindi possiamo dire che etica e mercato sono due insiemi di regole necessarie alla vita sociale ed economica dell’uomo.
A questo punto si potrebbe obbiettare che gli scopi sono diversi: l’etica si pone come un sistema che regolamenta il vivere umano nell’ottica di una convivenza che, attraverso la rinuncia individuale a una parte della propria libertà, punti ad un benessere collettivo; viceversa il mercato è il luogo di incontro- scontro tra imprese il cui scopo primario è la creazione di profitto, ma questo non significa che il mercato non sia anche occasione di scambio, di confronto, di crescita reciproca, e quindi – a modo suo – punti ad un benessere collettivo.
Quindi etica e mercato sono strumenti concettuali di cui l’uomo si serve per massimizzare il proprio benessere, individuale o collettivo (di gruppo, di corporazione, di impresa, di società).
Essi formulano modelli comportamentali giocati sulla diversa combinazione di alcuni fattori chiave: creatività, conoscenza, libertà e responsabilità. La creatività consente di generare il nuovo o di affrontare le situazioni impreviste, la conoscenza è il consolidamento delle nuove acquisizioni ma anche la condivisione (voluta o subita) del sapere, la libertà è la grande ambizione di ognuno di noi che si deve confrontare con la realtà quotidiana che impone la temperanza della responsabilità.
Naturalmente tutto questo avviene in uomini e donne inseriti in specifici contesti socio-economici, culturali, ambientali che influenzano profondamente il modo di intendere l’etica e il mercato.
Questo è un ulteriore elemento di complessità in quanto si dovrebbe parlare di etiche diverse e di mercati diversi in un momento storico in cui la politica, la scienza e la tecnica ci stanno portando ad una dimensione globale dell’etica e del mercato.
Io penso che questa sia una sfida difficile ma necessaria. E per poterla affrontare occorre ripartire dalle radici: etica e mercato devono essere funzionali all’uomo per consentirgli di affrontare nuovi modi di vivere che non siano alienanti ma che gli restituiscano le motivazioni per affrontare il proprio futuro sulla base della centralità dell’individuo inteso nella sua interezza di persona portatrice di affetti, intelligenza e cultura, del rispetto della dignità dell’altro, del riconoscimento e della valorizzazione delle capacità di fare, dell’attenzione e dell’amore per l’ambiente in cui viviamo. Forse queste mie riflessioni sono troppo legate ad una visione occidentale, razionale con influenze religiose cristiane, e sono consapevole che questo è uno degli infiniti modi di porsi di fronte a tematiche così complesse.
Tuttavia io penso che il nostro futuro, cioè la costruzione di una dimensione globale della nostra società e della nostra economia, non dovrà essere solamente frutto di adeguamenti imposti dall’evoluzione della tecnica (il filosofo Emanuele Severino paventa che etica e mercato ne diventino succubi, cioé semplici “mezzi per la realizzazione dello scopo supremo che è l’incremento indefinito della capacità della tecnica di realizzare scopi”) ma anche generata da un confronto di idee, di strumenti concettuali che traggano origine e senso dai costumi (ethos) di ognuno, con il coraggio di esprimere le proprie peculiarità senza perdere di vista il rispetto per l’altro e la comune responsabilità per uno sviluppo futuro della comunità umana coerente con la salvaguardia dell’ambiente in cui viviamo.
Etica e mercato possono divenire veramente due coerenti ed integrati strumenti di progresso nella misura in cui riescono a conciliare il dialogo nella risoluzione delle situazioni conflittuali con la competitività, cioè lo stimolo al continuo migliorarsi che è la gratificazione dei pionieri ed il traino della crescita collettiva.
A questo punto, se parliamo di sistemi di regole, sorge spontanea la domanda su chi le debba fare rispettare.
È questione delicata in quanto l’introduzione di un “arbitro” riduce i gradi di libertà e genera situazioni di potere. Penso che si possa operare in due modi: individuando soggetti che hanno lo scopo di controllare che tutti rispettino le regole ma introducendo meccanismi che evitino un uso improprio di questo ruolo; ma, e lo ritengo più importante, lavorando sulla formazione, sull’informazione e sull’educazione della persona alla conoscenza, affinché ognuno abbia la possibilità di essere presente a sé stesso, di riflettere sulla propria individualità in maniera consapevolmente inserita in una comunità di altre persone con cui condividere la responsabilità della propria vita.
Assumendo da sé quelle regole e quei comportamenti che non hanno bisogno di controllo, perché intrinseci della persona stessa e che Kant definiva “coscienza”, che sono frutto di un’esperienza individuale e collettiva stratificata nel tempo, eppure soggetta ad un continuo rinnovamento.
Una coscienza individuale che può assumere una veste collettiva nell’autoregolamentazione delle imprese oppure nell’autodeterminazione dei popoli.
In questo modo è anche possibile considerare la conoscenza e l’informazione come strumenti etici del mercato.
Un approccio concettuale che, come OICCE, ci sta particolarmente a cuore.