UNA INTERVISTA A...

Claudio Introini
Fondazione Fojanini

La Fondazione di Studi Superiori di Sondrio Fojanini viene costituita nel 1971, per iniziativa del Prof. Giuseppe Fojanini che in memoria del padre Piero dona l’azienda agricola di famiglia, di 10 ettari nel cuore della zona vitata Sassella, all’Università di Piacenza e agli Enti locali affinché si realizzi un centro di ricerca ed assistenza per l’agricoltura di montagna.
Per statuto dell’atto costitutivo, la Fondazione si pone come obiettivi la realizzazione di attività destinate alla valorizzazione ed al potenziamento della ricerca scientifica nelle discipline agrarie ed ambientali, oltre all’assistenza tecnica in agricoltura in provincia di Sondrio. Promuove, inoltre, lo sviluppo e la crescita del settore primario attraverso corsi di formazione e di aggiornamento a cui accedono gli operatori interessati.
Attraverso tali obiettivi la Fondazione, grazie agli enti finanziatori e ad uno staff tecnico altamente preparato, da oltre trent’anni è attiva con un progressivo e costante inserimento nel tessuto rurale provinciale. I servizi sono forniti agli imprenditori con una precisa logica di ricerca del miglioramento qualitativo delle produzioni e le azioni intraprese hanno pertanto una concreta applicazione su tutte le fasi di prodotto e di processo delle produzioni agrarie.
La Fondazione Fojanini esprime per tutto ciò un ruolo importante nell’affrontare tematiche di grande valore territoriale, rappresentando un punto di riferimento per un sostanziale impulso alla qualificazione ed allo sviluppo dell’agricoltura di montagna. Questa funzione è giustamente riconosciuta dagli enti e dalle istituzioni - Provincia, comunità montane e comune di Sondrio - e dalla Regione Lombardia che sostengono finanziariamente buona parte delle attività di ricerca svolte dalla Fondazione.
Abbiamo intervistato il suo presidente, l’enologo Claudio Introini, perché illustri ai lettori di OICCE Times i molteplici e interessanti lavori portati avanti dalla Fondazione in Valtellina.

Quali sono gli obiettivi e i settori di attività della Fondazione?
I principali settori di attività comprendono: la viticoltura, la frutticoltura, la foraggicoltura, l’alpicoltura, l’apicoltura, l’enologia e l’ecologia alpina. Di minore rilevanza ma significativi per la loro ricaduta in aree più limitate del territorio sono: l’orticoltura, la coltura delle erbe officinali ed aromatiche, il progetto di produzione di biogas.
Relativamente alle citate attività la Fondazione offre servizi di ricerca e di sperimentazione applicata, di formazione e didattica, di assistenza tecnica alle produzioni agrarie e alla difesa fitosanitaria, di analisi dei terreni e fogliare, di gestione dell’irrigazione, di analisi vini e miele, e di monitoraggio ambientale.
Quattro i “servizi” dove la Fojanini eccelle:
•la ricerca e la sperimentazione applicata: assai importante per la valorizzazione delle produzioni di montagna, nell’obiettivo di massimizzarne la qualità nel rispetto dell’origine e della specificità dei caratteri territoriali;
• l’assistenza tecnica: il personale della Fondazione assicura da anni un servizio di assistenza affiancando gli agricoltori nella gestione ordinaria e straordinaria delle proprie aziende, con particolare riferimento alla difesa fitosanitaria delle coltivazioni, anche attraverso una puntuale e metodica emissione di bollettini tecnici indirizzati ad oltre 3.000 operatori;
• i laboratori di analisi: strettamente legati all’assistenza vitivinicola per analisi approfondite sull’uva (indici di maturazione, patrimonio polifenolico, residui di fitofarmaci, ecc.), sui mosti e sui vini. Nonché analisi della frutta, in particolare la mela, e del miele.
•la formazione e didattica: in questa attività si evidenzia molto del valore aggiunto della Fondazione Fojanini. La formazione risulta un momento di crescita culturale e professionale di tutti gli operatori del settore agricolo. L’organizzazione di corsi, di seminari ed incontri formativi destinati anche alle scolaresche della provincia sono i momenti pregnanti dove vengono illustrate le materie agrarie e il valore territoriale ed ambientale di una corretta agricoltura di montagna.


Qual è il ruolo della vostra Azienda Agricola "La Castellina" nella ricerca vitivinicola?
L’azienda agricola “La Castellina” è situata a Sondrio, al centro dell’area di produzione del vino “Valtellina Superiore DOCG Sassella”.
La superficie aziendale di dieci ettari, è distribuita in un unico corpo ed è disposta in forte pendenza in modo che il profilo del terreno coltivato assuma la conformazione di terrazzamenti dalle dimensioni irregolari più o meno grandi. L’insieme dei terrazzamenti, con le frequenti rocce affioranti, crea uno spettacolo unico nel suo genere come uniche sono le condizioni climatiche che si verificano su queste pendici esposte a Sud. Infatti la vocazione viticola, in tali zone, ha escluso ogni altro tipo di coltura ed il vigneto aziendale, agronomicamente condotto in modo rigorosamente scientifico, rappresenta un punto di riferimento per i produttori di uva dell’intera provincia di Sondrio.
Clima da una parte e terreno dall’altra, unitamente allo straordinario vitigno Nebbiolo, o meglio conosciuto nella tradizione locale come Chiavennasca, creano un’alchimia che esprime originalità enologiche ineguagliabili.
Sfruttando al meglio queste peculiarità, l’azienda agricola “La Castellina” della Fondazione Fojanini produce vini rossi all’insegna della più antica tradizione valtellinese, ma con un’attenzione particolare alle innovazioni di processo che siano però anche tecnologicamente trasferibili alle micro-realtà produttive che caratterizzano il comparto vitivinicolo valtellinese.
Perciò la Fondazione e l’azienda agricola, nell’ottica di ottimizzare le sinergie strutturali, coniugano l’utilizzo delle cantine con l’attività di laboratorio e con l’analisi della sezione sperimentale in viticoltura, impostando momenti di completamento dei lavori di ricerca e successivamente estendendoli a tutta la filiera vite–vino dell’intera provincia di Sondrio.

Quali sono le principali attività che avete in corso sulla viticoltura in Valtellina?
Queste attività importanti ci vedono impegnati in tanti campi di lavoro.
• Studio sulla variabilità genetica del vitigno Chiavennasca – Selezione clonale.
Da diversi anni la Fondazione Fojanini di Sondrio si sta occupando dello studio della piattaforma ampelografica della viticoltura locale.
Particolare attenzione è stata rivolta alla selezione clonale della Chiavennasca, ecotipo di Nebbiolo ottimamente adattato al nostro ambiente, vitigno che storicamente ha caratterizzato e ha costituito l’identità enologica valtellinese.
La ricerca è rivolta all’individuazione di alcuni biotipi che presentano interessanti caratteristiche colturali, enologiche e fitosanitarie al fine di riordinare e qualificare la base ampelografica del vitigno e per la ricostituzione di nuovi impianti modificando il tradizionale sistema di allevamento della vite, da archetto capovolto alla valtellinese a Guyot classico.
• Monitoraggio e simulazione di epidemie di plasmopora viticola in Lombardia
Il progetto, che ci vede partner con l’Università di Milano, ha l’obbiettivo di acquisire dati sul decorso epidemico della malattia. Il fine è la messa a punto di un modello matematico della dinamica della germinazione per la prevenzione delle infezioni. Il progetto vedrà coinvolti due appezzamenti: uno in località Fiorenza, al centro dell’area vitata a DOC Rosso di Valtellina, ed il secondo, più ad est, nell’area a DOCG Valtellina Superiore Vagella.
• Indagine comparativa nell’impiego di mezzi fitoiatrici ed agronomici nella difesa della vite e per il miglioramento della qualità.
• Studio su nuove molecole destinate alla difesa fitosanitaria.
Essenziale per trasmettere ai tecnici le conoscenze necessarie per espletare al meglio il loro ruolo di assistenza e di collaborazione nell’organizzazione del servizio.
• Prosecuzione dell’identificazione e della caratterizzazione dei vitigni coltivati o presenti nel vigneto valtellinese (in collaborazione con l’Istituto di Coltivazioni Arboree dell’Università di Milano e con il Centro austriaco di ricerca genetica Höhere Bundeslehranstalt und das Bundesamt für Wein- und Obstbau di Klosterneuburg).
Nel vigneto valtellinese sono ancora oggi presenti, accanto ai vitigni tradizionali Chiavennasca – Rossola – Pignola – Fortana, anch’essi oggetto dello studio, numerosi vitigni conosciuti localmente con il solo nome dialettale.
Per verificare l’eventuale analogia con altri vitigni già determinati oppure la loro individualità genetica, ai classici metodi di catalogazione varietale ampelografici, si stanno affiancando nuove metodologie di identificazione tra le quali l’impiego dei marcatori del DNA che evidenziano il polimorfismo del DNA e la sequenza del genoma.
• Valutazione delle attitudini enologiche dei vitigni autoctoni: per la loro valorizzazione e per la diversificazione produttiva ai fini del miglioramento e della evidenziazione delle specificità nella produzione tipica dei vini DOC e DOCG; relativamente ai seguenti vitigni:
- tradizionali: Rossola, Pignola, Prugnola.
- tradizionali a bacca tintoria: Merlina, Tintorello
• Studio e valorizzazione della variabilità fenotipica e genotipica della Chiavennasca in Valtellina.
Nel “campo di confronto clonale” a Berbenno di Valtellina in località Priora, anno di impianto 2000, comparazione fra 36 cloni di Nebbiolo-Chiavennasca, 6 cloni di Nebbiolo su portainnesti 420° e SO4.
•Selezione clonale dei vitigni autoctoni Merlina, Rossola nera, Prugnola, Pignola valtellinese e Chiavennasca bianca. Campo di confronto clonale a Berbenno in località Sceghezzone.
•Indagine sull’origine genetica del vitigno Nebbiolo- Chiavennasca in Valtellina In collaborazione con Anna Schneider dell’Istituto di Virologia Vegetale, Unità Viticoltura di Grugliasco (TO).
•Valutazione agronomica – enologica e caratterizzazione genetica delle varietà di antica coltivazione in Valtellina e in provincia di Como.

Quali lavori state conducendo sui vini valtellinesi?
Le principali attività in corso per il settore enologico sono così articolate:
•Verifiche enologiche al fine di esaltare o mantenere la struttura e il colore nei vini di Valtellina. Questo progetto vede la Fojanini capofila assieme all’università di Milano ed ha la durata di 2 anni
• Valorizzazione e ottimizzazione della filiera del postraccolta vitifrutticolo valtellinese, attraverso sistemi innovativi e trasformazioni ad alta qualità. Il progetto presentato dall’Istituto di Ingegneria Agraria dell’Università di Milano vede la Fojanini presente come partner.
•Selezione di batteri malolattici al fine di individuare ceppi di enococchi idonei alla fermentazione malolattica in presenza di elevato contenuto in alcol e a bassa temperatura (8/10°), capaci di assicurare la preservazione del colore e la finezza aromatica iniziale.

Come si configura il Servizio Enologico della Fondazione?
Il Servizio Enologico della Fondazione Fojanini si avvale di esperti del settore che assistono e consigliano i viticoltori, monitorando il prodotto enologico in tutte le sue fasi (raccolta, produzione conservazione e commercializzazione).
Il supporto tecnico ai viticoltori si attua sia con attività teoriche che pratiche.
Per consentire un controllo efficace della qualità del vino e per individuare le cause di eventuali difetti ci si può rivolgere al laboratorio enologico della Fondazione che effettua un servizio di analisi chimico-fisica di campioni di uva, mosto e vino ai produttori locali e a chiunque ne sia interessato.
I viticoltori locali che nella gran parte vantano una considerevole esperienza in vigna, ma relativamente poche conoscenze enologiche, mostrano un sempre crescente apprezzamento di questo servizio.
L’analisi chimico-fisica permette di raggiungere una conoscenza sempre più precisa del vino e delle sue reazioni e di risolvere i problemi pratici che si presentano per la sua preparazione e la sua conservazione. In aggiunta all’analisi chimica e fisica, viene sempre effettuato l’esame sensoriale di ogni campione consegnato. Al ritiro dell’esito, il viticoltore ha contatto diretto col tecnico che gli rilascia un referto commentandone i dati contenuti.
In caso di necessità vengono indicate le pratiche per correggere, conservare e/o migliorare il prodotto e sono consigliate le tecniche enologiche, anche innovative, e le attenzioni di cantina necessarie al miglioramento qualitativo.
Su richiesta degli interessati, si forniscono anche coadiuvanti enologici per mosti e vino.
Accanto a queste si effettuano anche altre attività come:
• Effettuazione di analisi chimica e fisica di campioni di uva, mosto e vino.
• Degustazione e analisi organolettica dei campioni con valutazione di gradevolezza.
•Interpretazione dei valori chimici in relazione alla possibile conservabilità ed eventuale commerciabilità del prodotto.
• Consegna personale, commento e delucidazione di tutte le problematiche enologiche incontrate in filiera viticolo- enologica in tempi tecnici adeguati.
•Suggerimenti di operazioni enologiche abbisognanti al caso
• Risoluzione dei quesiti sottoposti dai vinificatori dalla fase raccolta dell’uva all’imbottigliamento del prodotto finito.
•Informatizzazione e stesura dei referti.

Quali sono i progetti della Fondazione per il futuro?
Per adeguatamente valutare gli obiettivi dei futuri progetti va considerato che la provincia di Sondrio risulta essere per la gran parte estesa su un territorio tipicamente “di montagna” e quindi l’agricoltura praticata recita non solo un ruolo economico, ma anche un ruolo ambientale-paesaggistico (forse: prevalente) e pertanto di mantenimento e presidio del territorio. Di conseguenza questa “nostra” agricoltura non può competere economicamente con l’agricoltura tradizionale; perciò lo scopo primo è che a questa agricoltura venga riconosciuto il ruolo fondamentale che svolge: la “multi - funzionalità”.
Solo attraverso tale riconoscimento sarà possibile conservare lo straordinario paesaggio dei terrazzamenti, in quanto fattore chiave nella tutela del territorio e testimonianza emozionante della millenaria cultura contadina e alpina.
In particolare i vigneti “montani” di Valtellina costituiscono l’ossatura portante e la rete più vivace del corpo socio-culturale che è venuto progressivamente a formarsi e a svilupparsi nella valle.
Occorre, infatti, fare dei vigneti tuttora esistenti un’occasione d’incontro tra la conservazione attiva di un retaggio storico-culturale ed il rinnovamento di questa impresa viticola nell’accettazione di una “sfida ambientale” che ha ottenuto in passato esiti “eroici” e che oggi può esprimersi quale attività valorizzante del territorio, della identità locale, della tenacia e della capacità dell’uomo.
È anche in questo senso che è vivo l’impegno e l’attesa circa il riconoscimento del territorio terrazzato a patrimonio dell’umanità da parte dell’UNESCO; ed in questa direzione la Fondazione Fojanini mette già ora a disposizione tutte le proprie competenze tecniche e scientifiche affinché si possa validamente dimostrare l’eccezionalità e l’unicità della viticoltura di Valtellina.
Ha già preso avvio, sotto la guida della Fojanini, un progetto denominato “banca dei vigneti” attraverso il quale si intende limitare l’abbandono delle aree terrazzate coordinando l’intervento di cooperative di servizio in grado di assicurarne la continuità e la correttezza nella coltivazione.
È in fase di sviluppo un piano di completa e puntuale rintracciabilità della filiera del settore vitivinicolo, attraverso l’applicazione di un manuale di autodisciplina che, unico in Italia, protocolla oltre alle operazioni agronomiche in vigna anche tutto il processo di vinificazione e imbottigliamento.
In collaborazione con ERSAF (Ente Regionale per lo Sviluppo Agricolo e Forestale) e con la regione Lombardia, la Fondazione Fojanini ha programmato un nuovo progetto chiamato “selezione storica”.
È una novità, perché fino ad ora la selezione clonale era fatta, solo ed esclusivamente, per scegliere le nuove viti (barbatelle); noi, invece, vogliamo mettere a disposizione delle aziende vitivinicole locali una selezione di materiale che rispecchi e valorizzi il patrimonio genetico e storico.
Quindi la possibilità concreta di fornire al viticoltore piantine di vite “figlie” di piante madri che possono avere più di un secolo: questo permetterà, alla stessa azienda agricola, di perpetuare tale patrimonio genetico, ma soprattutto di evidenziare i caratteri storici specifici e originali della nostra produzione vinicola.

Come sono i vostri rapporti con la realtà vitivinicola locale?
Il rapporto della Fondazione Fojanini con il comparto vitivinicolo della Valtellina si sviluppa soprattutto attraverso un costante supporto di assistenza sempre più esteso anche a livello del piccolo e piccolissimo operatore. Il limite operativo è però rappresentato dall’enorme frazionamento (gli operatori viticoli sono oltre 3000 su una superficie di poco più di 1200 ettari) che costringe a progettare per aree uniformi ma estese, e senza la possibilità di appezzamenti pilota specifici a ciascuna entità distrettuale.
L’obiettivo resta quello di trovare risorse finanziarie per monitorare con maggiore puntualità tutte le superfici oggetto della produzione viticola e poi, il successivo processo di trasformazione – vinificazione e affinamento, onde addivenire alla certificazione qualitativa di filiera.

DIETRO LE QUINTE...

Quali sono secondo Lei i punti di forza dei vini valtellinesi e quali sono le sfide da affrontare nel prossimo futuro?
L’interesse verso i vini di Valtellina può essere soprattutto conseguenza, oltre che della qualità sensoriale oggettiva del prodotto (che deve essere sempre e assolutamente elevata), anche della capacità dei nostri operatori e della nostra intera comunità provinciale nel trasmettere l’unicità e l’eccezionalità della viticoltura che li origina.
È la “vigna di Valtellina” che deve diventare il punto centrale dell’attenzione del nostro consumatore. Solo in questo modo sarà possibile rendere adeguatamente percettibile le specificità del nostro Nebbiolo e ricavarne un prezzo che riconosca l’enorme impegno – già definito anche “eroico” - dei nostri viticoltori…. impegno, che in termini di costi, è più che doppio rispetto a qualsiasi altro territorio viticolo italiano.
Questo è l’obiettivo e la sfida del futuro!
Infatti, nei terrazzamenti vitati della Valtellina ci sono i semi di un valore economico, ecologico, ambientale ancora da sviluppare e valorizzare. Semi che possono portare valore aggiunto a tutta la Valle.
Quando la nostra comunità (le imprese, le istituzioni, le associazioni culturali, gli operatori turistici, la popolazione...) avvertirà per intero questo orgoglio, questo paesaggio viticolo, unico al mondo, ed il vino che ne è l’ambasciatore diventeranno l’identità di tutta la Valle.

Ha un particolare ricordo legato alla sua passione per la Valtellina del vino?
Anche se lombardo di origine, solo all’età di 15 anni, quando avevo da poco iniziato la scuola enologica di Alba, ho percorso per la prima volta la Valtellina. Il susseguirsi dei terrazzi vitati su una superficie che allora era più del doppio della attuale mi affascinò, come ancora oggi accade ad ogni visitatore della Valle, e molteplici furono le riflessioni circa l’arditezza e la bellezza di queste vigne.
Non conoscevo e non potevo ancora apprezzarne in pieno i vini, ma il territorio di produzione trasmetteva una tale emozione che il valore qualitativo del prodotto diventava automatico e conseguente, e come tale “eccellente”.
Solo successivamente, e da ormai oltre trent’anni, la mia professione di enologo mi ha portato in Valtellina.
Diventare parte attiva di questa realtà, pur difficile e faticosa, è stata l’opportunità di cogliere in pieno quanto l’impegno e il lavoro dell’uomo riesce a realizzare allorché utilizza, governa, rispetta e guida le prerogative naturali del territorio.