EDITORIALE
di Giusi Mainardi

Tutti i colori del vino

“Rose is a rose is a rose is a rose
Loveliness extreme.”
Gertrude Stein “Sacred Emily” 1913

La discussione che si è svolta negli ultimi mesi sui vini rosati europei, una discussione difficile e a tratti aspra, mette in luce un aspetto che è quello che abbiamo cercato di evidenziare in molti di questi editoriali: la complessità che caratterizza il mondo del vino.
Complessità non significa semplicemente “difficoltà”, anche se il mondo del vino ne è tutt’altro che esente.
La complessità come la intendiamo rispetto al vino, vuole indicare qualcosa di più ampio, una molteplicità di elementi, di aspetti e di relazioni che si incontrano, si confrontano, si sovrappongono, si mescolano, si intrecciano e che si possono leggere ed interpretare solo in modo non superficiale e scontato.
Il vino per la sua storia plurimillenaria, per il suo ruolo nelle culture e nelle civiltà, per il suo valore di portatore di messaggi simbolici, è molto diverso da tutte le altre bevande, da tutti gli altri alimenti. Per questo, soprattutto per questo, le discussioni che si svolgono sugli aspetti tecnici del vino non si possono fermare ad una pura valutazione del semplice elemento liquido,ma coinvolgono in realtà moltissime altre sfaccettature: psicologiche, economiche, sociali, legali e così via.
Per questo dice ben giustamente il dottor Mario Castino nel suo lavoro che pubblichiamo in questo numero della rivista “I vini rosati non sono solo vini di colore rosa”. Se ci si limitasse a vedere il colore come una pura apparenza, frutto di una metodologia bevanda come tutte le altre, e quindi il colore avrebbe una pura connotazione tecnica.
I colori del vino non nascono solo dalla tecnica, nascono prima di tutto dalla storia. E anche se la storia dei colori del vino è ancora in gran parte da scrivere, i nostri rosati sono anche discendenti dei chiaretti medievali, oppure del vino “glauco” e “roseo” di Pier de’ Crescenzi, per arrivare gradualmente alla creazione del concetto di “rosato” moderno.
Quando questa storia, questi ricchi tratti culturali, questa eredità millenaria deve essere tradotta in una norma legale, ristretta in un regolamento comunitario, non è sorprendente che possano nascere dei problemi, che ci siano disaccordi, che ci si senta in balia non si sa nemmeno di chi. Abbiamo così chiesto a Maurizio Chiappone, che ha lavorato per decenni a Bruxelles, presso la Commissione Europea, dimettere in evidenza le diverse dinamiche di decisione e di responsabilità che esistono nella politica del vino in Europa.
Ai livelli tecnici di decisione, bersagliati da raffiche di diverse istanze, può succedere che si smarriscano le ragioni della storia e della cultura del vino. Si rischia così di perdere di vista il ruolo specifico che il vino ha rivestito e che riveste, confondendolo con una banale bevanda alcolica acida e colorata.
Rifletta bene chi considera questo rischio trascurabile, banale o non in sintonia con la realtà. Non ha portato bene averlo trascurato come è avvenuto in molte occasioni nel recente passato e si dovrà davvero cercare di evitarlo nelle discussioni che nei prossimi mesi si faranno: dalla definizione di vino biologico al ruolo delle denominazioni di origine nella nuova OCM vino.
Nell’importante convegno che abbiamo realizzato ad Alba lo si è dimostrato in modo chiaro: gli aspetti economici sono legati all’interpretazione psicologica che il consumatore attribuisce ad una bottiglia. La cultura e la storia influiscono sul desiderio di acquisto come gli aspetti sensoriali o di immagine.
Come farà il legislatore a proteggere questo grande patrimonio culturale che ha così importanti ricadute economiche? Riuscirà a difendere in modo efficace la nostra eredità, fatta anche di aspetti immateriali e simbolici?