L'ANGOLO DELLA VIGNA
di Anna Schneider

 

La genetica molecolare scopre
i genitori del Merlot

L’origine degli innumerevoli vitigni che oggi coltiviamo da viti ottenute per seme, in seguito propagate per via vegetativa, era chiara a molti studiosi del passato prima ancora che su questo tema emergessero evidenze scientifiche certe. Del resto è soltanto da una decina di anni che la genetica molecolare ha per la prima volta dimostrato che una delle cultivar chiave del successo commerciale di molti vini europei e del nuovo mondo, il Cabernet sauvignon, derivò dall’incrocio fortunato di due vecchi vitigni bordolesi, Cabernet franc e Sauvignon, proprio come il suo nome pareva lasciar intendere.
Da quel momento studi sempre più fitti si sono succeduti, portando a far luce sull’origine genetica di molti vitigni tradizionali, sull’intreccio talora curioso e inaspettato delle loro relazioni di parentela, su alberi genealogici più o meno complessi. Tra i vitigni chiave per la genealogia di molte cultivar francesi e del centro Europa, ad esempio, vi è il Gouais blanc (Weisser Hoenisch in lingua tedesca), oggi quasi scomparso dalla coltivazione, ma che ricercatori francesi hanno relazionato con l’origine di più di 70 vitigni da vino, di cui una ventina in paternità condivisa con il Pinot, altro probabile capostipite di moltissime varietà di vite. Secondo un gruppo di ricerca austriaco, il Pinot sarebbe derivato dal Traminer e, secondo altri, legato da una parentela di quarto grado con la notissima Syrah, a sua volta originata da due vitigni tradizionali del sud est della Francia.
Anche tra le cultivar più propriamente mediterranee le scoperte di pedigree non si sono fatte attendere: oggi si conosce l’origine di alcuni moscati, il Plavac mali, il principale vitigno ad uva nera croato, deriverebbe dal Crlienak Kastelanski (nome locale del Primitivo), la Malvasia nera pugliese dal Negroamaro e dalla Malvasia bianca del Chianti, e anche il Sangiovese avrebbe dei probabili genitori italiani, oltre che un gran numero di consanguinei nel centro e nel sud della penisola.
Si tratta di un quadro per ora incompleto e frammentario, ma ogni passo compiuto porta ad inserire al suo posto uno o più pezzi di un puzzle che divenendo sempre più consistente e preciso molto dirà sulla storia e sulla migrazione dei vitigni, e con essi della viticoltura. A patto, ovviamente, che si possano ancora recuperare un buon numero di tessere del mosaico, ovvero che queste non siano definitivamente scomparse. La genealogia del Merlot, recentemente scoperta, è stata possibile proprio grazie al fortuito recupero di una di queste rare, quanto mai fondamentali “tessere”.
Infatti, mentre come già accennato era nota da tempo l’origine del Cabernet sauvignon, riguardo al Merlot, di cui si comincia a parlare solo a partire da metà Ottocento e oggi uno dei vitigni leader a livello mondiale, solo si sapeva della parentela di primo grado con il Cabernet franc e della vicinanza genetica con altre cultivar del sud ovest della Francia. Il recupero casuale di un’unica vite in Bretagna, in una zona in cui i vigneti, attestati nel XV secolo, sono da tempo scomparsi, e la conservazione di questa accessione nella vastissima collezione di germoplasma viticolo di Vassal, ha permesso ad una équipe coordinata da ricercatori dell’INRA di Montpellier di riconoscere proprio in questo genotipo il genitore femminile del semenzale di Merlot, derivato per via paterna dal Cabernet franc. Ma si trattava di una pianta senza nome, fino a quando altri esemplari ad essa identici non sono stati ritrovati 400 km a Sud della Bretagna, nelle Charentes, un’area geografica tradizionalmente viticola poco più a nord di Bordeaux. Qui il vitigno era localmente chiamato Madeleine per via della precoce maturazione (Santa Maddalena: 22 di luglio), e l’appellativo di Madeleine noire des Charentes gli è stato assegnato per non confonderlo con altre cultivar omonime Madeleines. Ma la cosa curiosa è che questo vitigno ad uva da tavola, oggi praticamente scomparso, formava pergolati accanto alle case, e che il prof. Bisson, nel lontano 1962, avesse già suggerito la derivazione del Merlot dal semenzale di una vite allevata a pergola presso un’abitazione... Non ci è dato sapere, purtroppo, se egli non avesse allora semplicemente raccolto il racconto di qualche vecchio e sapiente viticoltore: un’osservazione o forse un’intuizione che la scienza, come spesso accade, non ha fatto che confermare.