EDITORIALE
di Giusi Mainardi

La “cross fertilization”

Si è appena chiuso in Georgia il 33° Congresso dell’OIV, al quale dedichiamo ampio spazio su questo numero di OICCE Times.
È una scelta editoriale che seguiamo perché riteniamo che sia positivo dare risalto ad un avvenimento unico nel suo genere.
I rappresentanti di molti importanti Paesi di tutto il mondo, riuniti volontariamente in una associazione, e per i quali la vite e il vino sono un elemento fondamentale di economia e di cultura, si ritrovano tutti insieme, con la possibilità di presentare e condividere le proprie istanze, le proprie ragioni, le conquiste, le delusioni, i problemi, i progetti.
Già solo su questo le pagine della nostra rivista si aprirebbero volentieri. Ma ancora altri motivi ci inducono a riservare attenzione a questo Congresso e sono collegati alla notevole serie di spunti di ricerca e di risultati preliminari che sono stati presentati in diverse giornate di relazioni scientifiche.
Numerosi, come sempre, sono stati i contributi, molti i relatori provenienti da tutto il mondo.
In particolare vorrei sottolineare un aspetto che mi è parso intrigante, cioè che alcuni dei contributi più interessanti sono nati da una “cross fertilization” per dirla all’inglese con una definizione che, partendo da un significato strettamente specialistico di “fertilizzazione incrociata” relativo alla biologia, ha preso piede in molti contesti. Estendendo ad altri ambiti il suo senso letterale, la “cross fertilization” è diventata una definizione concisa assunta per indicare una interazione di diverse competenze ed esperienze per dare vita a qualcosa di innovativo, di creativo, di utile. Di un tale tipo di “incrocio”, tornando ai lavori scientifici del Congresso OIV, si sono avvalsi ad esempio gli studi delle metodologie ancestrali di vinificazione nelle anfore di argilla.
Millenarie tecniche sono state esaminate e rivisitate alla luce delle tecniche analitiche più moderne, permettendo di aprire nuovi percorsi per vinificazioni con macerazioni lunghissime. Lo stesso è avvenuto per le grandi possibilità offerte dall’analisi del DNA di centinaia di varietà viticole.
I risultati degli studi effettuati permettono di fornire i primi preziosi elementi per analizzare non solo le parentele tra vitigni, ma anche gli antichi flussi migratori, gettando luce sulle storie più antiche, rendendo più chiaro il nostro presente. Oppure ancora, l’analisi dell’ossigeno all’interno della bottiglia si può fare con una tecnica di luminescenza particolare, ed in questo modo diventa relativamente semplice determinare la permeabilità delle chiusure all’ossigeno. Molti altri esempi si potrebbero fare, e su diversi di questi argomenti torneremo nei prossimi numeri della rivista.
Quello che è interessante notare è che quando competenze, culture, specializzazioni diverse entrano in contatto tra loro, producono idee nuove, permettono la creazione di metodiche diverse e innovative, aprono porte su nuovi orizzonti.
È quanto stiamo mettendo in pratica anche con il network di aziende riunite su iniziativa dell’OICCE nel Progetto Seven che abbiamo presentato al Congresso dell’OIV: l’iniezione dei concetti collegati allo sviluppo sostenibile all’interno del network formato da diverse realtà ed esperienze, ha immediatamente portato alla nascita di un gran numero di idee nuove, che si stanno sviluppando in progetti concreti, realizzabili, pratici. Progetti che forse potranno entrare presto sul mercato e dare uno stimolo all’economia vitivinicola.